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Marotta trionfava su tutta la linea, ma il trionfo era fortemente contrastato da emuli e da avversarî.

Per mancanza di documenti un giudizio sulle vastasate non è possibile, quantunque sia stato affermato conservarsi gli scenoni o scenarî di ventinove di esse, parte inventate, parte rifatte da commedie scritte e adattate dal Perez al nostro teatro dialettale. Checchè ne sia, bisogna contentarsi dei soli titoli, dove è malagevole riconoscere la provenienza letteraria⁹¹; ma dove non è difficile indovinare l’assenza della prima, originaria forma del genere, la quale non venne mai scritta appunto perchè primo il Marotta non sapeva scrivere. Gli eruditi del tempo si limitarono a qualificarle, per la loro autenticit

E di che non si domandava monopolio, e quindi diritto proibitivo? Ma tra tanti casotti che sorgevano e sparivano, tra tante compagnie di comici con programmi rigorosamente siciliani tendenti a mettere in evidenza i costumi e la vita del popolo, quella del Marotta e del Perez era sempre favorita e coperta di applausi.

era il genius loci, il creatore e, se vuolsi meglio, il restauratore di un teatro che rispondeva al momento storico, e che ritraeva caratteri non mai fino allora con parola più incisiva, più colorita, più affascinante saputi cogliere ed incarnare. Questo genius loci, giova ripeterlo, era il Marotta.

Ma leggere sul freddo e impassibile viso di Luchino, era impresa difficile anche ad occhi molto più aguzzi de' costui; laonde imbarazzato egli cagliava. Se non che lo trasse di pena Grillincervello dicendo: Su, parla: che? hai tu veduto il lupo? Scommetto la mia marotta d'argento che essa ne ragiona col miele sulle labbra: n'è vero? E sicuro dai ladri», interrompeva il buffone.

Chi erano essi questi nuovi attori? Il portiere nella corte del Giudice di Monarchia, D. Giuseppe Marotta, il più piacevole, il più arguto spirito che Palermo avesse dato da oltre un secolo; Giovanni Pizzarrone, mastro Giuseppe D’Angelo, Giuseppe Sarcì, portiere anch’esso, ma del Lotto, Gaetano Catarinicchia, basso curiale, Ignazio Richichi, orefice, che è forse da identificare con quel Giovanni Richichi tiratore d’argento, il quale poi entrò nella Compagnia dialettale del R. Teatro S. Ferdinando; Mario Frontieri, sarto, Fr. Corpora, guardaporta nel Conservatorio del Buompastore, e parecchi altri maestri e bassi curiali, tutti, dal più al meno, analfabeti. Il teatrino sorse in forma di baracca di legno o, come si dice ancora, di casotto (nome che poi rimase classico) nel piano della Marina, e diede quanto di strano, di triste, di lieto offrisse Palermo. Nel 1785 la popolana brigata era gi

⁹⁶ Meli, Riflessioni, p. 18. Il successo ottenuto dal Marotta e dal Perez fu così trionfale, e continuò così costante, che fece attecchire un genere fino ad essi forse non tentato, ma senza forse non portato al grado a cui essi lo portarono. Il successo fece gola a molti, e nuovi artisti da strapazzo, e nuovi impresarî da dozzina vollero gareggiare con rappresentazioni del tipo, dato, imposto per opera della così detta coppia grande, che era la compagnia Marotta-Perez. E qui ha principio una pioggia incessante di domande di questo o di quell’impresario per ottenere dall’autorit