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... sapete bene... quei... Pompeo... Pompeo! Uh... che dico! Quei Silla... Silla! Marc'Antonio, volete dire... Ah... Silla! Pompeo ah! ah!... Ho riso perchè non vi potete immaginare la faccia grottesca che avevate, ma spero bene che non cercherete di ingannarmi più oltre. Questa non è casa vostra. Lo confesso. Oh! Dove sono? In casa di un amico. Il quale naturalmente mi crede la vostra amante.

Dai ventuno di luglio dell'anno 1612 fino a' trentuno di gennaio del 1615 scorsero due anni e sei mesi nei quali il Doge Marc'Antonio Memmo sul trono sedette, e perciò il donativo delle sue Oselle a' patrizii a tre solamente limitossi. Tutte tre le dette medaglie lo stesso tipo conservano con la sola variazione degli anni e de' nomi de' massari.

Una turba di pirati, schiuma delle guerre straniere e civili intorno e sul Mediterraneo, lo infestavano intiero, dalla Sicilia e dall'Isauria principalmente. Furono vinti prima da Servilio che ne fu detto «isaurico», e vinsero Marc'Antonio. Ma Pompeo, ottenuto tal comando, li vinse ultimamente, li distrusse e tranquillò il mare in quaranta giorni.

Alla impensata morte del Doge Donato fra molti concorrenti, tutti ricolmi delle principali onorificenze della Repubblica, fu proclamato Doge Marc'Antonio Memmo, cittadino di assai avanzata et

Dicea: «Io sono Augusto a chi l'ha letta; Matteo di Marc'Antonio ha simiglianza: chi non ci loda è un vil Lepido indegno, e proverá ben presto il nostro sdegno». Se rideva Dodon, Dio ve lo dica, di queste matte forme e braverie, e va dicendo alla sua schiera amica: Quell'alleanza, care anime mie, ci toglie occasione di fatica a provar che i lor scritti son follie.