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Gli animi, in quei giorni, erano molto eccitati dalla politica. A me occorse parecchie volte, parlando innocentissimamente d'un giornale, d'un personaggio, d'un fatto qualsiasi col caballero che m'accompagnava, o nel caffè, o in una bottega, o al teatro; mi occorse, dico, di sentirmi toccare la punta del piede e mormorare nell'orecchio: Badi, questo signore alla sua destra è un Carlista. Zitto, quello è un repubblicano. Quell'altro l

Quando v'ero entrato, non avevo parlato con nessuno, perchè il facchino che m'accompagnava, aveva chiesto per me la camera e portato su la valigia. Perciò io credevo che o il padrone dell'albergo o uno almeno dei camerieri capisse il francese. Quando rientrai, camerieri e padrone erano forse andati a trincare in qualche baracca; e nell'albergo non rimaneva che una vecchia serva, la quale mi condusse in una sala a terreno, e facendomi capire che non mi capiva, se n'andò pei fatti suoi. V'era in quella sala una tavolata di grossi alkmaaresi, che avevano finito in quel punto una mangiataccia solenne, e facevano il chilo in mezzo a una nuvola di fumo, chiacchierando e ghignazzando con una vivacit

Ma tu, Sole, mi schiaffeggiavi, mi macchiavi il volto e le mani, ch'io avevo persino vergogna della montanara che m'accompagnava: e quando tornavo fra gli uomini, io mi sentivo rigurgitante l'anima di grandiosa, di aspra, d'infinita poesia, e gli uomini ridevano di compassione per me, e le donnine ghignavano di scherno! O Sole! o Sole, mi tormentasti e mi tormenti!

AP. Io ho inteso: seguita. ST. Come s'era sfogata bene la lussuria, noi eravamo riportate a casa. AP. E quivi venivati egli mai a vedere? ST. Spesso, e qualche volta ancora m'accompagnava quando io andavo, o tornavo dal mercato, e ricordomi che essendo una sera uscita della citt

Dopo un lungo giro riuscii in una vasta piazza, dove faceva gli esercizi uno squadrone di cavalleria. Un vecchio cicerone che m'accompagnava, mi fermò, all'ombra d'un albero, e mi disse che quella piazza, chiamata in olandese La Rovina, ricordava una grande sventura per la citt

Ho finalmente veduto due santi, che vuol dire idioti o pazzi, poichè qui, come in tutta l'Affrica settentrionale, è venerato come santo colui al quale Dio, in segno di predilezione, ha tolto la ragione per ritenerla prigioniera nel cielo. Il primo era davanti a una bottega, sulla strada principale. Lo vidi da lontano e mi fermai. Sapevo che ai santi tutto è lecito, e non volevo espormi a ricevere una legnata tra capo e collo come il signor Sourdeau, console di Francia, o uno sputo nel viso come il signor Drummond Hay. Ma l'interprete che m'accompagnava mi spinse innanzi dicendomi: Vada franco; i santi di Tangeri han messo testa a partito dopo che le Legazioni fecero dare degli esempi sonori, e in ogni caso gli arabi stessi le servirebbero di scudo, per impedire al santo di compromettersi. Allora passai davanti a quello spauracchio, osservandolo attentamente. Era un vecchio, tutto faccia e tutto pancia, coi capelli bianchi lunghissimi, una barbaccia che gli scendeva fin sul petto, una corona di carta intorno alla fronte, un mantello rosso sbrandellato sulle spalle e in mano una piccola lancia colla punta dorata. Stava seduto in terra, colle gambe incrociate e le spalle al muro, guardando con aria annoiata la gente che passava. Mi soffermai: mi guardò. Ci siamo pensai ora lavora la lancia. Ma la lancia ebbe giudizio, e fui anzi meravigliato dell'espressione tranquilla e intelligente di quegli occhi e d'un risolino astuto che vi brillava dentro, come se volesse dire: Tu aspetti ch'io ti dia addosso, eh? A esser minchioni! Era certamente uno di quegli impostori che, sani di mente, si fingono pazzi per godere i privilegi della santit