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«Perché l’animo tuo tanto s’impiglia», disse ’l maestro, «che l’andare allenti? che ti fa ciò che quivi si pispiglia? Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla gi

infiammò contra me li animi tutti; e li ’nfiammati infiammar Augusto, chelieti onor tornaro in tristi lutti. L’animo mio, per disdegnoso gusto, credendo col morir fuggir disdegno, ingiusto fece me contra me giusto. Per le nove radici d’esto legno vi giuro che gi

Poi, quasi in mezzo a una nuvola d’incenso, venivano le altre schiere, i cori angelici, li incappati, le vergini, i signori, il clero, le milizie. Lo spettacolo era grande. Una specie di terrore mistico teneva l’animo della donna.

«Omai convien che tu così ti spoltre», disse ’l maestro; «ché, seggendo in piuma, in fama non si vien, sotto coltre; sanza la qual chi sua vita consuma, cotal vestigio in terra di lascia, qual fummo in aere e in acqua la schiuma. E però leva ; vinci l’ambascia con l’animo che vince ogne battaglia, se col suo grave corpo non s’accascia.

No, Maria Maddalena, Natale non vi smentisce: Natale passeggia su e giù per la stanza, l’animo pieno di amarezza mortale, ma non vi smentisce. Oh! se Lena non fosse presente, non dico; ma fu buono avviso il vostro di farla rimanere. Voi lo accusate di prodigalit

Ond’ ella, che vedea me com’ io, a quïetarmi l’animo commosso, pria ch’io a dimandar, la bocca aprio e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso col falso imaginar, che non vedi ciò che vedresti se l’avessi scosso. Tu non se’ in terra, come tu credi; ma folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu ch’ad esso riedi».

Allora quasi un rimorso le punse l’animo, il rimorso d’aver serbato contro Zacchiele quella specie di muto rancore per tanto tempo; e i ricordi a uno a uno vennero ad assalirla; e le virtù del defunto le rifulgevano ora nella memoria più religiosamente. Poichè l’onda del dolore cresceva, ella si alzò, andò verso il letto, vi si distese bocconi.

E un che ’ntese la parola tosca, di retro a noi gridò: «Tenete i piedi, voi che correte per l’aura fosca! Forse ch’avrai da me quel che tu chiedi». Onde ’l duca si volse e disse: «Aspetta, e poi secondo il suo passo procedi». Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta de l’animo, col viso, d’esser meco; ma tardavali ’l carco e la via stretta.

Questa educazione, che doveva lasciar tracce profonde nell’animo impressionabile del fanciullo, fu presto interrotta. Morto, nel 342, il vescovo Eusebio che aveva l’ufficiale sorveglianza del piccolo principe, sorveglianza, del resto, da lui esercitata in modo affatto superficiale, così da non accorgersi che il pedagogo segretamente piegava l’animo dell’allievo all’antipatia pel Cristianesimo, l’imperatore, pauroso, fors’anche, di veder sorgere un rivale nel fanciullo che cresceva sotto gli occhi di tutti, nella capitale dell’impero, lo mandava insieme al fratello Gallo, salvato, lui pure, dall’eccidio dei Costantiniani, in una specie di reclusione, in un solitario castello della Cappadocia, chiamato Macello, descritto dallo storico ecclesiastico Sozomene come un luogo di delizie²². I due giovanetti vissero sei anni in quel ritiro, circondati da schiere di servi, ma fuori affatto del movimento intellettuale e politico del mondo. Giuliano ricorda quegli anni con grande amarezza nel suo discorso agli Ateniesi. «Che dirò io di quei sei anni, passati in un podere altrui, senza che nessun estraneo potesse avvicinarsi a noi, o che potesse avvicinarci alcuno dei nostri antichi conoscenti? Vivevamo esclusi da ogni efficace insegnamento, da ogni libera conversazione, nutriti fra lo splendore dei servizi domestici, ma costretti ad esercitarci coi nostri servi, come se fossero nostri compagni, poichè nessun nostro coetaneo era ammesso vicino a noi»²³. Giuliano osserva che, mentre suo fratello Gallo, in conseguenza delle abitudini, prese in quel soggiorno, divenne rozzo e violento, egli fu salvato dal germe di filosofia, e vuol dire di dottrina ellenica, che gi

Li occhi rivolsi al suon di questo motto, e vidile guardar per maraviglia pur me, pur me, e ’l lume ch’era rotto. «Perché l’animo tuo tanto s’impiglia», disse ’l maestro, «che l’andare allenti? che ti fa ciò che quivi si pispiglia? Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla gi