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«Or discendiam qua giù nel cieco mondo», cominciò il poeta tutto smorto. «Io sarò primo, e tu sarai secondo». E io, che del color mi fui accorto, dissi: «Come verrò, se tu paventi che suoli al mio dubbiare esser conforto?». Ed elli a me: «L’angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne quella piet

Aveva lavorato l’intero giorno. Sorrideva. L’angoscia si era per miracolo calmata nel suo cuore. Si addormentò. Altro non disse. Quando la prima alba venne a render pallide e come estatiche le vetrate delle finestre, il volto di lui s’era composto in tale serenit

Chi è costei che il suo lenzuolo stringe con l’unghie, ed ha nel torvo occhio stravolto l’angoscia, la vendetta e la pazzia?...

E io a lui: «L’angoscia che tu hai forse ti tira fuor de la mia mente, che non par ch’i’ ti vedessi mai. Ma dimmi chi tu se’ che ’n dolente loco se’ messo, e hai fatta pena, che, s’altra è maggio, nulla è spiacente». Ed elli a me: «La tua citt

Egli sentiva la voglia di cadere in ginocchio. E, come Rosa rideva d’un riso scontento, egli si sentiva quasi salire il pianto alli occhi per l’angoscia di non poter trovare una parola sola. Seguitarono a camminare. In un punto una alberella abbattuta impediva il passaggio. Emidio con ambo le mani sollevò il fusto, e Rosa passò di sotto ai rami verdeggianti che un istante la incoronarono.

È grande silenzio, come quando l’angoscia umana sale a poco a poco sino all’altezza del ciglio e trabocca. Di subito ella si volge, con le mani alla gola come per soffocare il singhiozzo che la vince. Non può: rompe in pianto. Nell’allontanarsi fuggendo, ella medesima mette i piedi entro il viluppo e lo sparpaglia e trascina. Rimonta i gradini della terrazza, scompare nella luce dei glicini.

«Or discendiam qua giù nel cieco mondo», cominciò il poeta tutto smorto. «Io sarò primo, e tu sarai secondo». E io, che del color mi fui accorto, dissi: «Come verrò, se tu paventi che suoli al mio dubbiare esser conforto?». Ed elli a me: «L’angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne quella piet

E io a lui: «L’angoscia che tu hai forse ti tira fuor de la mia mente, che non par ch’i’ ti vedessi mai. Ma dimmi chi tu se’ che ’n dolente loco se’ messo, e hai fatta pena, che, s’altra è maggio, nulla è spiacente». Ed elli a me: «La tua citt

Madri noi siamo per l’angoscia e il pianto, non per cantar su rosee culle un canto: cantalo tu

Adesso, in lei, questa parola suonava come il rumore di una moneta falsa; era divenuta, non la beatitudine, ma l’angoscia de’ suoi sensi. Forse il grembo inesaudibile di questa vergine perduta cercava nell’amore una gioia che l’amore per stesso non può dare.