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Antioco informato di questi avvenimenti, passò prestamente coll’esercito vittorioso in Giudea, assediò e prese di assalto Gerusalemme, e l’abbandonò al sacco e al furore dei soldati. In tre giorni furono massacrate ottantamila persone d’ogni et

Balza la Triste dal letto straniero Ne la penombra scialba: Rimette cenci su la carne ignuda: Torna col figlio al noto Orror de l’abbandono, a l’aria cruda, Ai perigli, a l’ignoto, A la caccia del pane!... Avida mira L’ampia citt

Io mi rivolsi a l’amoroso suono del mio conforto; e qual io allor vidi ne li occhi santi amor, qui l’abbandono: non perch’ io pur del mio parlar diffidi, ma per la mente che non può redire sovra tanto, s’altri non la guidi. Tanto poss’ io di quel punto ridire, che, rimirando lei, lo mio affetto libero fu da ogne altro disire,

²⁹⁴ Liban., 202, 10 sg. Durante il soggiorno di Giuliano in Antiochia avvenne un fatto che lo ha singolarmente irritato. Non v’era cosa che fosse più ripugnante a Giuliano del culto che i Cristiani rendevano ai sepolcri dei loro martiri, dei loro uomini illustri. Questa adorazione dei morti, com’egli la chiamava, offendeva il suo senso estetico di antico greco, gli pareva assurda, e probabilmente gli era odiosa come uno dei mezzi più efficaci per esaltare gli animi in un’aspirazione devota. Quando viene a toccare di questo culto dei morti, egli ha sempre qualche parola di disprezzo o di sarcasmo, e, più ancora, che la distruzione delle chiese, egli desiderava la scomparsa o l’abbandono di quelle tombe che erano diventate luoghi sacri. Tale era appunto la tomba del martire Babila che si trovava nel sobborgo di Dafne, presso Antiochia. Quel sobborgo era un luogo di delizie per la bellezza delle piante e dei fiori, per la vista e la giocondit

La cosa più amara che sia nell’amore non è forse l’abbandono in stesso, quanto il suono indefinibile della parola: addio. Si può talvolta essere giunti fino alla saziet

Ora Bombita, scelto l’attimo che gli parve opportuno, fece due passi avanti, spinse tra le corna lo stocco, diede il colpo, l’abbandonò. Ma il toro ingannevole s’era di súbito raddrizzato; la spada non penetrò che di alcuni póllici, e scossa via dall’animale infuriato cadde, rimbalzò nella polvere. Bombita si guardò la mano. Si guardò la mano, come se il corno l’avesse punto.

Un giorno vistola passeggiare a cavallo, con poca scorta, nei dintorni del castello di Talmont, accorse con un buon seguito di paggi e di scudieri; la fece rovesciare per terra, la colmò d’ingiurie e di percosse e l’abbandonò alle sue genti.

Di detta famiglia de’ Vergiolesi dopo l’abbandono della Sambuca, si trova ricordato nelle Storie Pisane del Roncioni un Filippo Vergiolesi alla battaglia di Montecatini del 1315 dalla parte de’ Ghibellini. Se fosse stato il capitan Filippo padre di Selvaggia, doveva essere assai vecchio. poteva far meraviglia, pensando che quella era e fu veramente l’estrema speranza del suo partito. Con più probabilit

Quando sul popolo errante nel deserto, la vendetta Divina aveva decretato l’abbandono e la morte, solo Mosè bastò a disarmarne la collera. E i giusti, cari a Dio in vita, gli sono doppiamente cari in morte. L’empio impero persiano volle un giorno scoprire il sepolcro del grande Legislatore.

Quantunque il terreno fosse disputato palmo a palmo ai superbi invasori con un accanimento fierissimo, il nemico avanzava sempre; poichè è innegabile che oltre ai grandi mezzi di cui esso poteva disporre, spiegò in questa guerra, che per lui valeva il dominio o l’abbandono dell’Oriente, una costanza, un’abnegazione ed un eroismo a tutta prova. La guerra si ridusse pertanto alle porte della Capitale. E fu qui, assai più che nei precedenti combattimenti, dove il Romano si trovò di fronte non uomini, ma leoni indomabili, che si battevano colla tenacit