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Tacque un istante, poi come risoluta di venir a parlare, senza perdersi in vani commenti, della decisione che intendeva prendere: Avete visto Prè Letterio? gli chiese. , lo vidi e da lui ebbi la dolorosa conferma di quanto sospettavo. Vi disse ch'io gli avevo scritto? Fece di più: volle ch'io conoscessi il tenore della vostra lettera.

Il vecchio rimosse colla sua destra, che parea scossa da un tremito continuo, il monte di carte che aveva dinanzi e presane una lettera la porse al professore. Leggete. Mattia spiegò la carta e corse con gli occhi alla firma: Loreta!... È lei che vi narra? Lei! Don Letterio rimase tranquillo a quelle esclamazioni irruenti, come vi fosse preparato. Lei, rispose, lei stessa. Leggete.

La Vige cogli occhi pieni di lagrime venne al padrone e con poche parole lo pregò di mandare qualcuno a Udine perchè venisse don Letterio: pareva a lei, nella sua povera fede di contadina, ch'egli avrebbe potuto con la sua presenza determinare un miracolo.

Il prete pareva soddisfattissimo nel dir queste cose, il professore sembrava meno lieto di udirle a dire. Eh! , riprese don Letterio, dopo aver aspirato con lentezza una presa di tabacco, della gente buona ce n'è ancora. E fa bene di incontrarla in mezzo a tante amarezze che ci tocca di subire nella vita.

E quando prè Letterio gli accennò con benevolenza a Loreta che affaccendatissima, rossa in viso, andava e veniva, intenta a far onore agli ospiti, il professore, volgendo verso di lei uno sguardo pieno di tenerezza: , prè Letterio, esclamò con accento profondamente sincero non potrei essere più felice! È così grande la mia felicit

Il treno finalmente arrivò. L'unica persona che scese a quella stazione fu Loreta Lambertenghi. Ma se anche ve ne fossero state cento, il professore Mattia non avrebbe durato fatica a riconoscerla, tanto la sua figura era distinta e tanto rassomigliava al ritratto fattone da don Letterio Prandina. Era una donna ancor giovane, alta, bruna, molto pallida, dalle vesti di lutto semplicissime.

E che voi, signora Chiara, e che il professore Mattia avreste pensato così, io non ho dubitato un istante. Anzi, volete che ve la dica tutta? Ma , ma . Ebbene: viaggio facendo, nel mio cervello ho architettato perfino un mio bravo progetto. Ma, badate, un progettino in tutta regola, che se mai potesse avverarsi sarebbe una cosa tanto bella.... Ve lo dico? Fuori, prè Letterio, fuori!

Don Letterio Prandina era un ottimo sacerdote. Ultimo discendente di una nobile e ricca famiglia di Cividale, contristato ne' suoi giovani anni da molti dolori, si era dato per vocazione al sacerdozio, consacrando a quella ch'egli intendeva come un'alta missione di d'amore, nonchè tutta la sua intelligenza bellissima, l'intero patrimonio. Compiuti appena i suoi studi sollecitò ed ottenne di andare come missionario in terre lontane e ne ritornò con molta letizia per i risultati ottenuti nel suo apostolato. Il suo libro, pubblicato intorno al '5 dai Bollandisti di Bruxelles, De missione canonica, è tuttodì ritenuto come opera di alto valore, non solo religioso, ma anche scientifico. Indi, costretto da debole salute a fermare il suo domicilio in patria, continuò a dedicare l'attivissima vita ad opere di carit

Uscito dalla casa di don Letterio col cuore come alleggerito di un peso, il Sant'Angelo si prefisse di seguire senza por tempo in mezzo i consigli del suo amico. Doveva farlo: tutto sarebbe stato peggiore che il durare in tanta incertezza; poi sapeva come la più lieve esitanza avrebbe potuto di un sol tratto fargli dileguare quella fermezza, che i ragionamenti del vecchio gli avevano infuso.

Dunque, Prè Letterio, disse allegramente il professore Mattia, versando del vino nel bicchiere che Vige s'era affrettata a recare per l'ospite, quei signori a Roma non sono poi tanto dispettosi come qualcheduno si piace di descriverli....