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²⁹⁹ Villabianca, Diario ined., a. 1798, pp. 71-73. Più tardi, quando S. A. Leopoldo di Borbone soscriveva per 100 copie alla nuova edizione delle Poesie del Meli, a due onze e tarì l’una, e ne pagava anticipatamente il prezzo, un Presidente Marchese faceva altrettanto, perchè nessuno potesse pensare che un dignitario come lui facesse da meno di un Principe reale.

Dopo il Liceo, in cui fu suo caro maestro Leopoldo Marenco, studiò legge privatamente, cosa di cui si lamentava sempre per non aver potuto apprendere nel libero consorzio universitario la scienza della vita e una maggiore sicurezza di stesso. E veramente in lui a trent'anni tremava ancora il fanciullo.

Poi, come Leopoldo II sotto il pretesto di prosciugar le Maremme prosciugava le tasche dei suoi sudditi, il castellano di Brolio, volendo dargli una lezione, compra un distacco di questi stagni, si reca in Inghilterra, ove incetta delle macchine possenti, torna in Italia, si conduce sul sito con i suoi contadini, brava le spese e la febbre, e quei terreni sono fertilizzati.

Fino al 1847, quando la vita italiana si risvegliò, il barone Bettino viaggiò, sovraneggiò nelle sue torri e nelle sue terre, ove si addisse all'agricoltura e scrisse talune memorie speciali. Egli fece dell'agricoltura sola cosa che resta oggimai all'aristocrazia, la quale non possa più servire il suo paese con le armi, e disdegni servire le corti. Fece dell'agricoltura per il progresso, per la scienza, per ammigliorare le sorti dei suoi vassalli. Il barone Ricasoli ottenne, per i suoi eccellenti vini di Chianti, una medaglia all'Esposizione di Parigi e la croce della Legione d'onore. Nel 1847 egli osò scrivere un Factum, ove espose al Granduca la difficile situazione della Toscana, e domandò delle istituzioni monarchiche secondo le convenienze dei tempi. Leopoldo II non se ne tenne mica per offeso, perocchè il diapason di quell'anno era molto più elevato che le istituzioni monarchiche. Vennero le difficolt

In un breve scritto di Giovanni Rosini: Sugli Epistolari del Cesarotti e del Monti, trovo intorno al Cicognara questa notizia: "Tornato in questo tempo in Milano e creato Consigliere di Stato, co' nobili suoi modi e col suo bell'ingegno a attirava gli sguardi dell'universale il conte Leopoldo Cicognara, e insieme con lui, anzi, come è più naturale, al disopra di lui, la bella, colta ed animosa sua consorte.

Era furioso e non sapeva su chi rovesciare la sua bile, tanto più che nessuno dei supposti iettatori si era messo dalla sua parte e stavano, invece, tutt'intorno alla sedia del generale. Leopoldo sbuffava, borbottando: Devo averla addosso io, la iettatura! A un tratto, sente qualche cosa che gli rotola sui piedi.

Il conte de Idris era in campagna, e Ada doveva raggiungerlo; poi sarebbero andati a Lucerna, dove l'anno prima s'erano molto affaticati e punto divertiti. O perchè vi ritorni? domandò Filippo, prendendo una tazza di dalle mani di sua madre. Sai che Leopoldo non vuol campagne romantiche; odia le chaumières.... E anche ton coeur? chiese sbadatamente la contessa Osvaldi.

Ho fatto male a cominciare, siamo d'accordo, benchè in queste cose ci si accorga sempre troppo tardi dell'errore commesso; ma farei peggio a finirla con qualche gherminella! Il conte Leopoldo, ancora più inquieto per quelle dichiarazioni, domandò a Filippo se pensasse mai di tirarsela in casa.... In casa, di chi? rispose Filippo.

In casa tua, no di certo; tocca a me provvedere, e non so perchè, dunque, voi tutti vi disturbiate. Leopoldo, allora, tornò alle idee generali, osservando che all'et

Poichè le usanze sopravvivono al loro motivo, i Pisani continuarono il sanguinoso spasso anche quando il valore non solo era divenuto inutile, ma si sarebbe reputato una colpa; e finalmente Pietro Leopoldo di Lorena, trovandolo troppo per un giuoco, troppo poco per una guerra, lo proibì.