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Avete calpestata una lucciola! Ludovico Nossignora: la lucciola è , sotto il lembo della vostra veste. Elena Dov'è? Ludovico Brava! Adesso l'avete calpestata voi! Elena Oh! Ludovico Il vostro piede è più leggero del mio, e nondimeno la lucciola è morta ugualmente. Elena Per cagion vostra, però. Ludovico Ma giacchè l'avete uccisa voi, io ho tutto il diritto di non averne rimorso. Elena

Leggerò un racconto che ha qualche relazione coi fatti di questi giorni, disse Maria incominciando la sua lettura, eccolo: L'EROE DELL'OFFICINA.

Allestite le uova, e tornato il Cantini da Poggibonsi coll'assicurazione che quanto prima tutto sarebbe in ordine per la partenza, volle la buona donna nell'attiguo salotto apprestare la mensa, cui si assisero Garibaldi, il capitan Leggero e il vetturino di Prato.

Mi trassi a dietro a poco a poco, giunsi fino alla porta della sala e quasi sperai di non udire la voce del mio ex maestro che parlava, alto, a' discepoli. Ma, nel silenzio che s'era fatto nella corsia essa suonava chiara e distinta, con quel leggero suo tono declamatorio.

Non era più un discorso, quello di Damiano; era un mormorio; un bisbiglio all’orecchio di Samana, mentre intorno a loro erano parecchie conversazioni avviate. Samana Taorib stava a sentire la filastrocca, come trasognata, cadente dalle nuvole, mentre egli, sentendosi più leggero che mai, andava con la fantasia più alto che non dicesse a parole.

Vi leggerò inoltre ciò che di un altro libro del Marinetti ha scritto un critico d'arte, Ettore Janni, su questo giornale di Milano: Il Corriere della Sera.

Tornò il Martini ad annunziare che tutto era in ordine per la partenza, e alle due antimeridiane lasciavano la Stazione il Generale e Leggero guidati dal Martini e dal Sequi, e raggiungevano la vettura che li aspettava presso la stanza mortuaria dietro le mura della citt

Il pasto fu leggero, ed anche breve; Damiano non innaffiò la sua farinata di maiz che con sorsate di acqua pura. Finalmente, gli ambasciatori si alzarono, per prendere congedo dai loro ospiti di Bohio. In due grandi ceste di vimini, ricambiate con le solite perline di vetro colorato e sonagliuzzi di rame, avevano fatti riporre i saggi della agricoltura di Bohio; e i naturali del luogo vi aggiunsero una discreta quantit

Non grossi mobili. Un leggero tavolinetto tondo, con su una sigariera. Una mensola, con su bottigliette di liquori e bicchierini. Qualche sedia, parecchie poltrone di forme diverse. Molti specchi corrosi, screziati, uno dei quali è piú alto e sorge dall'impiantito. Un gran divano: cioè, uno di quei divani che si chiamano «alla turca»; basso, larghissimo, senza spalliera, senza piedi, carico di cuscini. Un drappeggio di cattivo gusto incornicia lo specchio piú alto e guernisce lo stipite di una porta in fondo, da cui si accede a un corridoio. Predomina il rosso in svariati toni: vivido, smortito, vermiglio, cremisino, paonazzo, quasi arancione, quasi roseo, quasi amaranto. Questa variet

Afferrò il revolver e lo avvicinò alle tempie. Il freddo dell'acciaio brunito gli recò un leggero sollievo, ed egli appoggiò per qualche secondo la fronte sulla canna a cui stava per chiedere un riposo più lungo.