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Non lo dice, ma l'Ojetti sembra voglia mettere in confronto la letteratura italiana contemporanea con la letteratura francese, dove le scuole sbucciano e fioriscono a ogni pie' sospinto, dove gli scrittori, coloro che vivono d'arte, se ne stanno accalcati nel cervello della Francia, Parigi. Ed è strano che egli guardi con invidia quest'accentramento appunto quando in Francia si manifesta gi

L'Ojetti però non è giovane per nulla; non scettico sonnacchioso, ha anzi una fede profonda e la proclama ad alta voce: crede nell'arte cosmopolita. Come lo Zola disse della letteratura francese: Sar

Tra la baraonda italiana e la francese quale apparisce dai due libri, la differenza più notevole è questa: l'Ojetti non ha trovato un solo letterato italiano che abbia detto male di un collega, mentre la enorme vanit

La sua conferenza di Venezia, dal sunto dei giornali, pare una nuova edizione, anzi una semplice traduzione dello scritto pubblicato nella Revue de Paris. Se gli applausi non dimostrano che il pubblico sia rimasto convinto (in fatto di letteratura il pubblico italiano, lo confessa lo stesso l'Ojetti, est naturellement sceptique et somnolent) dimostrano che gli italiani di oggi sono molto diversi da quelli di mezzo secolo fa. Il Gioberti del Primato e i suoi contemporanei strabilierebbero, se per un miracolo potessero tornare in mezzo a noi. Dall'eccesso dei vanti un po' declamatori, quarantotteschi, siamo balzati all'eccesso opposto, a una modestia che confina col disprezzo di noi stessi. Fra i due, non è forse preferibile il primo? Almeno n'è nata l'unit

La prima spina sta nella frase: "Tutto questo l'Ojetti, lo sa meglio di me, ma non ha voluto tenerne conto... Scriveva per una rivista francese..." Scusi, scusi, amico mio; ma in Italia o in Francia io scrivo solo quello che penso; e a Venezia ho detto su l'inesistenza di una comune anima italiana e su la divisione morale e intellettuale che è fra le razze italiane e su la turpe invasione della piccola politica in ogni più sana terra d'Italia, cose che stimo vere e che domani scriverei in Francia con le stesse ardenti parole.

Quantunque l'Ojetti sia stato poco garbato, anzi insolente con me, io non mi pento di quel che ho fatto. Bisogna perdonar molto all'et

Ma il cosmopolitismo non l'ho inventato io! può dirmi l'Ojetti. È un fatto storico contemporaneo. Io lo accetto; perchè voglio essere del mio tempo, perchè sono giovane, perchè il mio cervello affollato di concetti filosofici, scientifici, non può funzionare più, come nelle et

Nella politica esso nega il concetto di patria, nell'arte il concetto di letteratura nazionale. Da questo strano equivoco è venuto fuori il cosmopolitismo letterario di cui l'Ojetti è uno dei più caldi e dei più ingegnosi banditori.

Tutto questo l'Ojetti lo sa meglio di me, ma non ha voluto tenerne conto. Ed era, se non sbaglio, il cardine della questione della letteratura italiana contemporanea. Egli però scriveva per una rivista francese, e preso il la, si è sentito forzare la voce. Ma, forse, con tutto quel la, non avrebbe stonato, senza l'altro pregiudizio della letteratura cosmopolita.

Ho cominciato a leggerlo con animo sereno. L'ho terminato col profondo dispiacere di chi vede sciupato in malo modo molto sforzo di ingegno e di coltura. Giacchè è evidente che l'Ojetti ha composto così il suo romanzo in ossequio alla sua fissazione del romanzo ideologico e un po' simbolista. Che egli volesse mettere in un romanzo idee e simboli non era poi cosa tanto strana e insolita da dovergli sembrare anche audace. Più o meno, via, in un romanzo ci son sempre idee divenute personaggi con caratteri e passioni speciali, e personaggi e sentimenti che possono, con un pochino di buona volont