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Non poca gente indi vestigi imprime, Che solca i campi della Lidia, e miete; Di varia pompa ella sen va sublime, E chiaro il guardo, e le sembianze ha liete; Non perchè pria, che da l'äeree cime Suoi corsi in grembo a l'Oce

Tacque; ed incontra le sue nobil voci Folco dicea: dunque da noi lontano Vada ogni tema; i turbini veloci La sommergano in fondo a l'oce

77 Ella non sa se non invan dolersi, chiamar fortuna e il cielo empio e crudele. Perché, ahi lassa! (dicea) non mi sommersi quando levai ne l'Oce

Ivi le travi, che fur scherzo a l'ira De l'Oce

La terra e 'l ciel tramuteransi avanti Che 'l fato crolli, ove il gran Dio destina: cinto di dïaspri e di diamanti Stassi il voler de la virtù divina. Così gli dice; e spargli indi davanti: Pur come sol, ch'a l'oce

Cheta pe'l mar d'Atlante irto di scogli L'isola illustre al suo sguardo apparío, Splendida del fulgor di mille sogli, Riverita come ara d'un dio: Ivi, fiaccati a' Re l'ire e gli orgogli, La fortuna posò del suo gran Zio, Simile al Sol, che da l'eteree tende In grembo a l'oce

In fronte o 'n mezzo 'l petto, ovunque io perga, terrò qual pellegrino mie fortune; datimi, o muse, una cannuccia o verga, ch'io, scalzo e cinto ai fianchi d'aspra fune, veda come 'l sol esca e poi s'immerga ne l'Oce

E, perchè l'armi tue dure tempeste Dianzi sparsero in grembo a l'Oce