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Dal genitor sì nobile arte apprese, Anima inespugnabile, superba, Ch'oltra sedeci lustri in armi spese L'etate ad onta de le rughe acerba; E sì l'asta vibrò, sì l'arco tese, Che suo nome per l'Asia anco si serba; Druso appellossi; or di lui fier non manco Ebreno appar, benchè rugoso, e bianco.
Ed ella disse in su la ria partita: Guarditi in guerra alto favor di Dio; Chè, se perviene a fin tua nobil vita, Anco fia giunto a riva il viver mio. Però membrando la parola udita, D'allungarsi l'etate ebbe disìo, E formò, tristo e lagrimoso il ciglio, Sì fatte note nel mortal periglio: XXVIII
La schiatta, onde chiarissimo discende È Colloreto, e non sì tosto crebbe In gioventù, che per le balze orrende Orrende belve a sgomentare egli ebbe; Ma giunto al colmo, ove l'etate ascende, La finta guerra al fiero spirto increbbe, E dando pace a' boschi alpestri ed alti Ornò sue glorie di veraci assalti.
Povero d'ogni ben, fuor di sostegno, Specchio a gli afflitti io menerò l'etate, Ed in odio di me, finchè non vegno A presentarmi a' rai di tua beltate; Ma se non dassi dal superno regno Per un misero cor bando a pietate, Deh! scendi a consolar col tuo sereno Se non le mie vigilie, i sonni almeno.
Parola Del Giorno
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