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L'agonia del toro è tremenda. Qualche volta il torero non aggiusta il colpo a dovere, e la spada penetra bensì fino all'elsa, ma fuor della via del cuore. Allora il toro si mette a correr l'arena colla spada confitta nelle carni, irrigando il terreno di sangue, mandando altissimi muggiti, divincolandosi e scontorcendosi in mille modi per liberarsi da quella tortura; e in quell'impetuosa corsa, qualche volta la spada salta via; qualche volta si configge più addentro, e gli cagiona la morte. Sovente l'espada è costretto a dargli una seconda stoccata, non di rado una terza, talora una quarta; il toro versa un torrente di sangue; tutte le capas dei capeadores ne sono intrise, n'è macchiato l'espada, n'è aspersa la barriera, per tutto cola sangue, gli spettatori indignati coprono il torero d'ingiurie. Qualche volta il toro profondamente ferito, cade a terra; ma non muore, e resta l

I toreros, anch'essi, hanno i loro brutti momenti. I picadores, talvolta, invece di cadere sotto il cavallo, cadono tra il cavallo e il toro; allora questo si precipita su di loro per ucciderli; la folla getta un grido; ma un capeador ardito getta la capa sugli occhi alla belva, e rischiando la sua vita salva quella del compagno. Sovente, invece di slanciarsi contro la muleta, il toro accorto, si slancia contro l'espada, lo rasenta, lo investe, lo insegue, lo costringe a buttar via l'arma e a salvarsi, pallido e tremante, di l

Squilla un'altra volta la tromba; i banderilleros han finito; ora tocca all'espada; è il momento solenne, è la crisi del dramma; la folla si queta, le signore si sporgon fuori dei palchi, il Re si alza in piedi. Il celebre Frascuelo, tenendo in una mano la spada e la muleta, che è un pezzo di stoffa rossa attaccata a un bastoncino, entra nell'arena, si presenta dinanzi al palco reale, si leva il berretto, e consacra al Re, pronunciando una poetica frase, il toro che va ad uccidere; poi getta il berretto in aria, come per dire: Vincerò o morirò! e seguìto dallo splendido corteo dei capeadores, si muove con passo risoluto verso il toro. Qui segue una vera lotta corpo a corpo, degna d'un canto d'Omero. Da un lato la belva colle sue corna terribili, colla sua forza enorme, colla sua sete di sangue, inasprita dal dolore, acciecata dall'ira, torva, insanguinata, spaventosa; dall'altra un giovane di vent'anni, vestito come un ballerino, a piedi, solo, senza difesa con una leggera spadina tra le mani. Ma egli ha diecimila sguardi addosso! Il Re gli prepara un dono! La sua amante è lassù, in un palco, cogli occhi fissi su di lui! Mille signore tremano per la sua vita! Il toro si ferma, lo guarda; egli guarda il toro, e gli agita dinanzi il panno rosso; il toro si caccia sotto, l'espada si scansa, il corno formidabile gli rasenta il fianco, urta il panno rosso e colpisce nel vuoto. Un tuono d'applausi scoppia su tutte le gradinate, in tutti i palchi, in tutte le gallerie. Le signore guardano col canocchiale e gridano: Non ha impallidito! Si fa silenzio daccapo, non si sente una voce, non un bisbiglio. L'audace torero fa volteggiare a più riprese la muleta sugli occhi dell'animale inferocito, gliela passa sulla testa, tra le corna, intorno al collo, lo fa retrocedere, avanzare, girare, saltare; si fa assalire dieci volte, e dieci volte, con un leggerissimo movimento, scansa la morte; lascia cader la muleta, la raccoglie sotto gli occhi del toro, gli ride sul muso, lo provoca, l'insulta, se ne trastulla; tutt'a un tratto si ferma, si mette in guardia, alza la spada, piglia la mira; il toro lo guarda; ancora un istante, e si slancieranno addosso, l'un all'altro, nello stesso punto; uno dei due deve morire; diecimila sguardi corrono con una rapidit