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Ahi Pistoia, Pistoia, che' non stanzi d'incenerarti si` che piu` non duri, poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt'i cerchi de lo 'nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giu` da' muri. El si fuggi` che non parlo` piu` verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: <<Ov'e`, ov'e` l'acerbo?>>.

L'acerbo sentimento, per un poco attutito, dovea presto risvegliarsi. La principessa, col suo furore di vanit

Stanza ospitale il vïator non chiese A signor ben pasciuto, e non sofferse D'aver mensa comune ad orgoglioso Trafficator. Fra poveri pastori Breve asilo ei cercò; si assise al desco De la miseria; e a te, povera Sara, Assentì l'alto aspetto e la sdegnosa Anima e il dir che umani petti infiamma. Schiava infelice! Era remota e angusta Presso al torbido rio la sua capanna; Era nero il suo volto e nero il crine, Ma aperto e grande era il suo core, e tersa Come raggio di Sol l'anima avea. Fra le miserie di sua vita un giorno Le sorrise l'amor. Furon men leste L'opere di sua mano; impazïente, Immemore divenne; e, com'era Schiava due volte, osò levar la fronte E agli augelli invidiar libero il volo! Fischiò sopra a le sue carni la sferza De l'acerbo signor; percosso e vinto Dal feroce digiuno a lei da lato, Sotto agli occhi di lei, vittima cadde Il giovinetto del suo cor. Qual belva Ella ruggì; morse ruggendo i ceppi; Avventossi d'intorno; e allor che in mesta Calma si assise, e volse il guardo in giro, S'avvide ognun, che a quella derelitta Era insieme a l'amor mancato il senno. Le consentîr la libert

Io lascio giudicarlo a voi. Vi rammenterò cosa, la quale per essere conosciuta universalmente mi dispensa da rinnuovarne l'acerbo racconto. E chi fu quegli che condusse Olimpia a dettare lo scellerato memoriale al Papa, per cui mi svelsero dalle braccia cotesta figlia traviata con tanta ferita al mio cuore, e danno della mia reputazione? Giacomo. Chi procurò che cotesto libello infamatorio pervenisse nelle mani di Sua Santit

che l'animo di quel ch'ode, non posa ne' ferma fede per essempro ch'aia la sua radice incognita e ascosa, ne' per altro argomento che non paia>>. Paradiso: Canto XVIII Gia` si godeva solo del suo verbo quello specchio beato, e io gustava lo mio, temprando col dolce l'acerbo; e quella donna ch'a Dio mi menava disse: <<Muta pensier; pensa ch'i' sono presso a colui ch'ogne torto disgrava>>.

che l'animo di quel ch'ode, non posa ne' ferma fede per essempro ch'aia la sua radice incognita e ascosa, ne' per altro argomento che non paia>>. Paradiso: Canto XVIII Gia` si godeva solo del suo verbo quello specchio beato, e io gustava lo mio, temprando col dolce l'acerbo; e quella donna ch'a Dio mi menava disse: <<Muta pensier; pensa ch'i' sono presso a colui ch'ogne torto disgrava>>.

Ahi Pistoia, Pistoia, che' non stanzi d'incenerarti si` che piu` non duri, poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt'i cerchi de lo 'nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giu` da' muri. El si fuggi` che non parlo` piu` verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: <<Ov'e`, ov'e` l'acerbo?>>.

Tosto la fama fece il ballo tondo: i creditor l'hanno staggito poi; ed i parenti pel rossor del mondo a male in corpo divenîro eroi, quetando i creditor con piegerie e con danari, e i piú con le bugie. Ma sopra tutto il duca era l'acerbo, ché volea castigar quel malvivente, e rispondeva: In carcere lo serbo: vo' dar esempio risolutamente.

Fra pensier varj ora rivolge in mente Scettri, corone, e quegli onor cotanti, Onde fu lieta; or la stagion presente, E l'acerbo dolor, ch'ella ha davanti; Quando poscia partir l'anima sente, Compone il busto, e con le man tremanti Sul volto si dispiega un aureo velo, E traendo sospir fassi di gelo.

Turbami, che da se lunge non spinga De l'acerbo mio fin tanti sospetti; Ch'ella per suo cordoglio il mal si finga, E che mia morte, e mia miseria aspetti; Duolmi che 'n van tanto dolor la stringa; Ma debbo dar de' miei nemici a i petti Le spalle in guerra? e s'a pugnar mi chiede Giusta cagion, volgere in fuga il piede? Fia, che l'Asia di me tanta viltate, O pur l'Europa, cui minaccio, intenda?