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DEMOFILO. Felice è certo questa nostra etade quanto altra mai ne fu, quanto ne fia dopo i nostri: poi che 'l ciel l'onora d'un pontefice tal che l'alta sede non manco adorna e imperla e ingemma e inostra, con le rare eccellenze e con la fama de l'opre chiare, ch'ella il suo bel nome rischiari e 'l renda a le future genti colmo di gloria e d'immortali onori.

1 Timagora, Parrasio, Polignoto, Protogene, Timante, Apollodoro, Apelle, più di tutti questi noto, e Zeusi, e gli altri ch'a quei tempi foro; di quai la fama (mal grado di Cloto, che spinse i corpi e dipoi l'opre loro) sempre star

EUGENIO. Te lo dicono l'opre. LAMPRIDIO. S'io non facessi torto al boia che ti aspetta, ché ti veggio le forche scolpite negli occhi, ti sfreggiarei cotesta faccia bugiarda, accioché ogni uomo da questo segnale si guardasse non farsi ingannare da te. SENNIA. Eugenio, figlio, non gli far male; mi paiono di buona ciera. LAMPRIDIO. Ma sono di cattivo mele.

O goffi che sète! ché l'opre son giudicate dall'applauso universal de' dotti di tutte le nazioni: perché si veggono stampate per tutte le parti del mondo, e tradotte in latino, francese, spagnolo e altre varie lingue; e quanto piú s'odono e si leggono tanto piú piacciono e son ristampate, come è accaduto a tutte l'altre buone sue sorelle che in publico e in privato comparse sono.

Correa pel monastero una pazzia: che si tenean per moral lavorío. l'opre e i romanzi del poeta Marco, ed ogni tavolin n'era giá carco. Marfisa va leggendo que' volumi, ch'erano stati sempre suoi diletti, e cerca ritrovar nei lor costumi una fuga che in capo se le assetti.

Ferve il popol ne l'opre, e mai non resta Per mutar d'ore o per mancar di giorno, Ed armi e ordegni e vettovaglie appresta, E boschi incide, e spiana campi intorno; Di su, di giù, da quella parte a questa, Gente industre che va, che fa ritorno, E s'ingegna, e s'adopra a far sicuri Le contrade, le vie, le case, i muri.

E udite da ciascun l'esibizioni, fece aver l'opre al miglior offerente, e poi faceva le disposizioni, perché Terigi il fe' soprintendente. Polizze fa ripiene d'invenzioni: mai non si vide prete piú saccente. Terigi, forse per troppa allegrezza, a questa volta ha dato in leggerezza.

Sappi, ninfa gentil, che dal suo giro Venere bella per ciascuna parte rimira aperte l'opre de' mortali; e qual pastor, qual satiro e qual ninfa, contra chi l'ama è disdegnosa e schiva, la santa Dea ne sente altero sdegno, e dimostrar ne suole agre vendette, arder facendo i lor gelati cori d'amor di tal, che gli disprezza e fugge.

Or sappi, ch'io, non reo de' tuoi falli, io pur ne porto la pena tutta: del regnar mi è dato il miglior premio; in odio a tutti io sono. Qual mi puoi nuova infame cura imporre, che aggiunga?... NER. Ei t'è mestier dal cor del volgo trarre Ottavia. SENECA Non cangia il volgo affetti, come il signore; e mal s'infinge. NER. All'uopo ben cangia il saggio e la favella, e l'opre: e tu sei saggio.

L'opre bizzarre e varie ed il coraggio e il vivere alla moda della dama venía chiamato in francese linguaggio ciò che «pazzia» nell'Italia si chiama, e dell'etá non era tanto fresca da seguir con fortuna la sua tresca. In queste circostanze dolorose è la magion del gran Rugger di Risa. Ma mi convien ordinar l'altre cose e lasciar cheta un pocolin Marfisa.