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Placida era la notte e bella, il firmamento senza nubi, e lieve zeffiro agitava appena gli alberi della valle. Stava attenta, allorchè l'inno notturno dei religiosi sorse dolcemente dalla cappella, situata in luogo più basso, talchè il sacro cantico parea salire al cielo traverso il silenzio delle notti. I pensieri susseguironsi; dall'ammirazione delle opere, l'anima sua passò all'adorazione del loro onnipossente e buono autore. Penetrata d'una piet

Tu leggi, e un compagno zufola e rizufola per il lungo e per il largo, per delle ore, l'Inno dei lavoratori e subito dopo, un altro, te ne canticchia la prima quartina, ricominciandola con sempre crescente piacere: Su fratelli, su compagni. Su venite in fitta schiera, Sulla libera bandiera Splende il sol dell'avvenir.

E fissandola così ritta, pallida, pallidissima per l'abito bruno, per il diadema di capelli neri, coi grigi occhi illuminati da un'espressione in cui lottavano mille sentimenti contrarii, fissando la svelta forma, ch'egli aveva temuto di non potere allacciar mai colle braccia, l'inno semplice e immortale gli sgorgò dal cuore e dalle labbra: Come sei bella! proruppe, non osando quasi avvicinarla.

E: Gloria a te, gli gridano o grande rivendicatore di Roma! e l'inno immortale del biondo fratello caduto ascende dall'anima loro al suo cuore.

Dagli stornelli passammo alle ardenti canzoni ed agli inni: la Rondinella di Mentana, l'inno di Garibaldi, la Marsigliese... Era la voce dell'Umanit

moversi per lo raggio onde si lista talvolta l'ombra che, per sua difesa, la gente con ingegno e arte acquista. E come giga e arpa, in tempra tesa di molte corde, fa dolce tintinno a tal da cui la nota non e` intesa, cosi` da' lumi che li` m'apparinno s'accogliea per la croce una melode che mi rapiva, sanza intender l'inno.

E poi, quel piccolo Piemonte, che pochi anni addietro aveva dovuto rimettere la spada nel fodero, che aveva dovuto ricevere entro le mura di Alessandria un presidio nemico, sentendo suonare dalla sua musica schernitrice l'inno dei Fratelli d'Italia, quel piccolo Piemonte aveva sollecitamente provveduto a riordinare l'esercito.

Un urlo che parve di selvaggi tuonò sul piazzale, destando un'eco solenne dalla chiesa; poi s'intese l'inno cantato da voci gravi, diverse; e ad ogni tratto nuova gente, signori e villani alla rinfusa, si mettevano in coro.

Il giorno 5 febbraio Palermo libera, dalle armi borboniche, solennizzava alla Chiesa Madre, con l'inno ambrosiano, la sua vittoria.

Alla sinfonia dell'opera precedette l'inno di Garibaldi, nuovo allora e miracoloso, che cantarono i virtuosi sul proscenio. Dalla elettrizzata folla eruppe un turbine d'applausi, e in quell'istante di universale esaltamento, gli occhi dei due innamorati si confusero in uno sguardo appassionato e decisivo.