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«Il babbo, non meno occupato di lui, potè bene trovar due giorni per accompagnarmi qui, installarmi, vedermi andare in iscena. Perchè non avrebbe potuto ottener anche Welfard un permesso come il babbo? Quella indifferenza mi fece male, salii in convoglio piangendo. Mi parve d'essere amata a tempo perso, di non essere il primo, ma l'ultimo de' suoi pensieri.

Ma dopo il terzo quadro, al momento di entrar in iscena dinanzi a Pilato e Caifasso per esservi poscia battuto con le verghe e incoronato di spine, G. C. frugando il proprio involto s'accorse di aver dimenticato una cosa importantissima: il pannolino rosso da mettere intorno alle coscie durante la bastonatura, quand'egli si troverebbe in costume adamitico.

La Galeotti della Contagion è onesta, pura, gentile, come madame de Lornan, è vedova com'essa; fra queste due figure non c'è che una sola differenza. Madame de Lornan non entra in iscena, non pone nemmeno la punta del suo stivaletto nella casa del contagio, la marquise Galeotti v'entra; il nome della prima non appare neanche sulla lista dei personaggi, il nome della seconda vi campeggia come quello d'una protagonista. Questo è un altro importantissimo segno d'affinit

La monaca messa in iscena è, a quanto pare, di famiglia civile, e lamenta la perduta libert

vi paiano troppo volgari i personaggi storici ch'egli ha posti in iscena. E' ci sono, per necessit

Qui si sedette tutto vergognoso ed in silenzio tra gli uditori, suscitando la meraviglia della folla che non attendeva di veder ivi l'uccello goditore. E qui egli fa entrare in iscena il Savonarola che tiene una predica, come il Lenau fa nel suo romanzo del Savonarola.

Tutti, tranne il Capocomico e il Padre, rimasto per terra presso la scaletta, saranno scomparsi dietro il fondalino abbassato, che fa da cielo, e vi resteranno un po' parlottando angosciosamente, poi, da una parte e dall'altra di esso, rientreranno in iscena gli Attori. È morto! Povero ragazzo! È morto! Oh che cosa! Ma che morto! Finzione! finzione! Non ci creda!

Ora i burattini stanno per entrare in iscena, e potremo vedere le più belle storie: Carlomagno e i paladini, Orlando, Medoro, Lancillotto, il mago Malagigi, il sultano Abdorrhaman, Melisandro, Ruggero, il re Marsilio e la regina Ginevra, eserciti intieri di Mori, di Saraceni, e assistere a terribili battaglie.

"Due però (scrive il Manzoni) erano i libri che Don Ferrante anteponeva a tutti e di gran lunga in questa materia; due che, fino a un certo tempo, fu solito di chiamare i primi, senza mai potersi risolvere a qual de' due convenisse unicamente quel grado: l'uno, il Principe e i Discorsi del celebre Segretario fiorentino; mariuolo , diceva Don Ferrante, ma profondo: l'altro la Ragion di Stato del non men celebre Giovanni Botero; galantuomo , diceva pure, ma acuto." Il Manzoni dovea pensare ne' suoi studii storici un po' come il suo Don Ferrante: "Ma cos'è mai la storia senza la politica? Una guida che cammina, cammina, con nessuno dietro che impari la strada, e, per conseguenza, butta via i suoi passi; come la politica senza la storia è uno che cammina senza guida." L'Autore entra spesso in iscena anche come attore. Così dopo aver fatto una descrizione, forse un po' troppo minuta della biblioteca di Don Ferrante, soggiunge: "Noi cominciamo a dubitare se veramente il lettore abbia una gran voglia di andar avanti con lui in questa rassegna, anzi a tornerò di non aver gi

«Ebbi subito a studiare lo spartito che dovevo cantare. Però la voce si ristabilì presto, e quando andai in iscena ebbi un grande successo. «Ma la corda dell'ambizione s'era spezzata nel mio cuore con quella dell'amore. Non c'è ombra di egoismo nel mio carattere. La gloria di cui nessuno gode per me, mi è indifferente.