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FILIGENIO. Voi me l'avete resi con iniquo cambio che non sarebbe stato fatto ad un turco; ma dice bene il proverbio: che molti benefíci fanno un uomo ingrato. ALESSANDRO. Orsú, perché avete sfogata l'ira con ingiuriarmi, sarebbe di ragione, se non prima, mi dicesti la cagione di che vi dolete di me; perché le vostre parole mi sono ferite mortali che mi trapassano il core. Non mi fate piú penare.

SENNIA. Come sai questo tu? SQUADRA. L'ho visto or ora menar prigione da' birri; e di questa trama Mastica ne è stato il mezzano. SENNIA. Ah traditore! SQUADRA. Avete il torto ingiuriarmi. SENNIA. Non parlava con te. SQUADRA. Trasilogo ha preso Cornelia, di che era stato stimulato da' parenti; e or si fanno le nozze con contento d'ambedue le parti. Ho fretta, ti lascio in pace.

Egli tacque. Finalmente quando il sospetto tremolava sulla soglia della certezza, ella non gli rispose che questo: Se continui ad ingiuriarmi, ti lascio per sempre, non mi vedrai più. Egli tacque. Mai più, mai più su questo soggetto fu detta una parola fra loro. Egli temeva troppo vederla andar via.

ESSANDRO. Questa arte m'hai tu forzata a farla, e non devresti ingiuriarmi di cosa di che tu sei stata cagione. NEPITA. Mira con quanta superbia mi favella e mi viene con le dita sugli occhi ancora! Pensi che sia alcuna ricolta dal fango e non si sappi donde mi sia, come tu sei? ESSANDRO. Nepita, tu hai altro con me e mi vai cosí aggirando il capo.

Intanto l'idea che uno avesse potuto ingiuriarmi con quel nome, cioè che avesse potuto giudicarmi quasi persona morta, imbalsamata, fasciata questi particolari avevano fatto maggiore impressione su la mia fantasia mi die' per parecchi giorni un profondo senso di tristezza.