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Così dicendo abbottona il farsettone nero da cima a fondo, si pone innanzi allo specchio per tirare in positura perfettamente orizzontale il nodo della cravatta che pel tramenio della persona va ogni tanto a sghimbescio, infila un paio di guanti neri e larghissimi, in due tempi, brandisce il bastoncello di giunco e si avvia a passo di corsa.

Donato guarda attorno ansiosamente, non badando al signor Asdrubale, il quale per la ventesima volta ripete: «Ah! triste cosa il giuoco, non è contento chi perde, e non è nemmeno contento chi vince... Creda... Il cameriere arriva, Donato scatta in piedi senza dir parola, afferra il biglietto ed infila l'uscio che gli sta in faccia.

Un motociclista infila come un proiettile il ponte e si ferma in mezzo a noi gridando: La Viribus Unitis è saltata!

Un quarto d'ora prima delle tre, gli viene in mente che ha da far visita all'avvocato Roselli, per certa sua causa civile, e tosto si mette in cammino; ma strada facendo, viene a passare per piazza Nova e, senz'altro, infila le scale del suo portone e arriva davanti all'uscio del proprio studio.

E senza dar tempo al giovane di rispondere, ripiglia il cappello, se lo incassa sulla testa perpendicolarmente, abbottona l'abito ed infila l'uscio. Un'ora dopo è di ritorno; Donato ha avuto le sue buone ragioni per non muoversi di casa e starlo ad aspettare.

Una strana leggenda circola nei giornali sopra Emilio de Girardin, Da quando giovinetto ebbe i primi sogni di gloria egli non chiuse più la porta del proprio appartamento. Una notte un amico va a trovarlo per un bisogno improvviso. Suona, il portinaio della casa gli apre, infila correndo le scale, arriva all'uscio di Girardin: è socchiuso. Un sospetto lo turba, ma non si ferma, entra.