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O Chiaravalle, Quante migrar dalle tue chiostre al cielo Consolate colombe e quante ancora Vorrian fermar nelle tue nicchie brune Una pace che fugge! A stento il nido Nelle rovine tue nasconde il picchio, A cui lacera il cor spesso il rimbombo Del cacciator malvagio; e l'ombre stesse Del padri incappucciati (s'egli è vero Che si adunino a notte in mezzo al coro, Quando la luna luccica inquieta A turbare il gran sonno degli avelli) L'ombre dei padri esterefatte balzano Al reo fischiar della macchina nera, Che solca l'orto del convento e versa Bave di foco ed aliti d'inferno Sulla mesta Certosa. O Chiaravalle, Alle tue mura gi

La calca dei famigli e degli incappucciati si allontanò dalla chiesa seguitando i sacerdoti; poi a mano a mano quella dei cristiani accorsi dal vicinato. I Cènci rimasero soli col morto. Il popolo di buone viscere piange facilmente alle sventure altrui; ma dura poco, perchè le proprie gli consumano tutto il suo pianto, e qualche volta non basta.

Le bianche dal seno lievemente roseo somigliano ad anime candide il cui cuore si apre all'amicizia; quelle color di rosa, dai petali incappucciati, esalano il profumo irresistibile dei cuori segretamente innamorati; quelle thè rassomigliano a damine schifiltose ed aristocratiche; le rosse, quasi sanguigne, hanno l'aspetto tragico; e la nebbia leggiera della brughiera che si eleva su di esse, tempera appena il vigore dei colori forti e sfuma le gradazioni.

Se scendo all'orticello, Cui bieco irride il sole, Le assiderate aiuole Mi chieggono un mantello.... Gli alberi incappucciati Come convalescenti Ringhiano da dannati: Dio! che dolor di denti!

Il canto mortuario del miserere che saliva sulla scala, e di a poco il chiarore dei ceri, che apparve oltre il cancello, annunziarono l'arrivo della compagnia di San Giovanni Decollato. I confratelli incappucciati entrarono nel camerone. Uno dei confratelli teneva inalberato il lugubre vessillo della compagnia, che porta dipinto nel drappo nero una testa recisa.

Quando le si furono schierati dintorno, la Beatrice così favellò: Fratelli in Cristo! Dello ufficio caritatevole, che voi mi prestate, vi rendo col cuore quelle grazie che il mio labbro non può pronunziare, e prego Dio che vi retribuisca secondo i meriti vostri. Tanto più io mi sento poi penetrata di tenerezza per voi, in quanto che standovi incappucciati, epperò a me ignoti, volete significare con questo, che voi non sovvenite alla persona, bensì alla creatura che soffre. Ma io ho bisogno di maggiore aiuto da voi, che voi per ordinario non pratichiate dispensare; ed io ardisco supplicarne voi, che questo piissimo padre spirituale. La nuova mia inchiesta sia, io prego, argomento non d'indiscretezza per mia parte, bensì del bisogno. Mediante il notaro della Compagnia dello Sacre Stimate ho fatto il mio testamento. Ora dubitando che i tribunali vogliano mettere qualche ostacolo alla sua esecuzione, supplico voi affinchè v'interponiate con tutti i nervi presso Papa Clemente, e lo induciate a contentarsi che la mia dote venga impiegata nel modo che sta scritto l

Degli endecasillabi, dei settenarii, degli alessandrini, ecc., ecc., foggiati al vecchio stampo, servilmente ligi ai dettati di una prosodia che ha fatto il suo tempo, e incappucciati, per giunta, di quella grottesca majuscola, che fu il massimo obbrobrio di tutti i poemi apparsi in Italia da Dante a Manzoni.