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GUERZONI G., La vita di Nino Bixio, Firenze, Barbèra, 1875, pag. 70. 1000 pacchi cartatucci da fucile. Del resto si star

Il primo cozzo fu tremendo; i cacciatori austriaci armati delle loro eccellenti carabine, appiattati attorno al parapetto del piazzale della Chiesa, che s'innalzava sopra un poggio a guisa di bastione, e dietro le finestre delle case circostanti battevano con un fuoco micidiale di fronte e di fianco, i primi assalitori e cioè la compagnia De Cristoforis, che rigò del sangue dei suoi migliori la via infuocata; cadde colpito gravemente il tenente Pedotti; cadde, lacerate le visceri, il capitano De Cristoforis; cadde, fracassata una spalla, il tenente Guerzoni ed altri, ed altri; la compagnia decimata balena s'arresta un istante, ma non indietreggia.

GUERZONI G., Garibaldi, Firenze, Barbèra, 1882; I, 280.

Mentre il nostro duce annunziava al mondo i suoi pieni poteri di generale romano, ai piedi della torre del palazzo Piombino in Monterotondo, a mezzo di una scalinata rustica e tra l'erba bagnata d'un giorno piovoso, discorrevano con mistero Alberto Mario, sottocapo dello stato maggiore di Garibaldi, Agostino Bertani, il maggiore Giuseppe Guerzoni, il colonnello Giuseppe Missori, il giovane principe Piombino in persona e chi scrive, e in quel colloquio veniva designato il valoroso, che primo avrebbe dovuto sventolar la bandiera rossa dopo una vittoria.

Lo confessa schiettamente anche il suo compagno d'armi e biografo Giuseppe Guerzoni. «Gl'italiani», son sue parole, «stimavano Garibaldi un condottiero di bande, e nulla piú; e si sarebbero ben guardati dall'affidargli una parte importante, molto meno il comando d'un esercito». E, quasi temesse d'esser stato poco chiaro, ribatte il chiodo affermando che nel '48 e '49 «malauguratamente su di lui pesava quella reputazione di valente condottiero e di inetto generale, che gli era stata buttata addosso come una camicia di forza fin dal suo primo ritorno in Italia» .

Mentre Cucchi co' suoi prodi compagni sosteneva alla testa del popolo un'eroica ma disuguale pugna nei dintorni della caserma degli zuavi, Guerzoni e Castellazzi, guidando un drappello di giovani aveano assaltato porta S. Paolo, disarmato alcune guardie ed incamminanvansi fuori ove dovevasi trovare un deposito d'armi. Le armi vi erano veramente ma padroni di quelle armi si trovavano gi

De' tre fratelli di Garibaldi ve n'era uno infatti di nome Felice. Il Guerzoni ne fa questo schizzo: «Lasciò dietro a la nomina di elegante zerbino, gran cacciatore di donne; esercitò con qualche fortuna il commercio, fu agente per molti anni della casa Avigdor a Bari, e cessò di vivere, non ancora vecchio, il 1856» . Venne, di fatto, arrestato a Pietrasanta, per ordine del Vicario Regio, nel febbraio del '34; e insieme con lui fu pure arrestato l'israelita Cohen, suo compagno di viaggio e di commercio: ma il Governo Toscano si guardò bene di consegnarli al Governatore di Genova. Dopo pochi giorni di mite prigionia, entrambi vennero condotti a Livorno e di l

«Io sono certo che i componenti la spedizione Zambianchi, Guerzoni, Leardi e tutti sarebbero stati degni, come sempre, dei loro compagni, ove avessero avuto la fortuna di partecipare ai gloriosi combattimenti di Calatafimi e di Palermo». Felice te, che il regno ampio di venti Ippolito a tuoi verd'anni corresti. Abbiam munizioni, capsule, ed alcuni vecchi cannoni senza fusto. Che monta? li faremo.

Mentre si pugnava disperatamente in Trastevere, i Montigiani, guidati da Cucchi, Guerzoni, Bossi, Adamoli ed altri generosi non se ne stavano colle mani alla cintola. Lo scoppio della mina nella caserma degli zuavi era convenuto dovesse essere come il segnale del loro moto. E la mina scoppiò e quei prodi mossero con eroica risoluzione alla testa di tutta la gioventù romana che si potè radunare.

Le note dei «fratelli d'Italia» si perdon nell'aria, e un altro esercito s'inoltra, d'aspetto diverso e nuovo, ordinato e disciplinato come un vecchio esercito, una fiumana di cappotti grigi e di berretti turchini, segnati dalla croce di Savoia, battaglioni serrati e rapidi di studenti, d'artisti, di dottori, di patrizi, d'operai, di poeti, comandati da antichi ufficiali di Venezia, di Roma e del Tirolo, l'esercito del '59, i valorosi Cacciatori delle Alpi; e tra le prime file il tenente Pedotti con una palla nel cuore, e il Guerzoni con la spalla infranta, e il De Cristoforis col ventre lacerato, e Narciso Bronzetti, superbo di tre ferite mortali, sorridono al loro generale adorato, e agitando le carabine e le spade vittoriose gli gridano i nomi delle loro tre battaglie, e al suono dei tre nomi benedetti balena la fronte augusta tre volte....