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Mio zio mi guardava in silenzio, aspettando tranquillamente la mia risposta. Io sentiva tutto l'orrore della mia posizione, ed una lotta terribile si agitava nel mio animo. Finalmente, vedendomi esitante, egli soggiunse: Io confesso che aspettavo tutt'altra accoglienza alla mia proposta, e mi sorprendo assai della tua esitazione.

La povera Lucia si avanzò trepidando, e non osava guardare in volto il prelato. Poi si fermò, e rimase in umile atteggiamento, aspettando di essere interrogata ma egli noncurante, non la guardava nemmeno.

Quella notte fui sorpreso di vederlo in casa mia; ma gli mossi incontro, e credo di avergli sorriso. Clelia mi guardava severamente come chi dicesse: "vedi, la mia calma vale meglio assai che la tua." Ed era vero, troppo vero. Eugenio partiva per Roma. Un famoso pittore aveva avuto incarico di alcuni affreschi; gli proponeva partecipasse all'opera e al prezzo; era venuto a salutarmi.

La freschissima brezza marina entrava dalle quattro finestre di quel lungo salone: appoggiato alla finestra, Fulvio guardava il mare, come assorbito. Ora Paola offriva le sigarette ai giovanotti e alle signore che osavano fumare. E la mano che porgeva il porta sigarette era così bianca, così pura di linee, che Fulvio sentì struggersi di tenerezza.

Ella mi guardava, da presso; teneva fissi nei miei occhi i suoi occhi dilatati, che mi parvero nella penombra straordinariamente larghi. E io vedevo in quei larghi occhi passare, come a onde, la sofferenza sconosciuta; e quello sguardo continuo, intollerabile, mi suscitò d'un tratto un terrore folle.

Mio marito! esclamò essa, con un acuto grido di terrore, quando lo vide apparire sulla porta, come bieco fantasma. Egli si avanzò lentamente, in silenzio, mentre Curzio, interdetto, scostatosi d'un passo, guardava il nuovo venuto.

Il giovane la guardava, orgoglioso, felice d'inspirare tale passione in un cuore così nobile, di veder accettata, prescelta la sua adorazione da una donna di tanta bellezza.

Il dottore con un'occhiata fuggitiva si accertò che la bella lo guardava in faccia colle labbra socchiuse in atto di stupore.

Il bove e la giovenca Ruminavan sdraiati nelle tiepide stalle, Pensando forse all'erba brucata nella valle E alla miglior pastura da sceglier la dimane. Col muso fra le zampe, dalla sua cuccia, il cane Guardava con disprezzo dell'oche la famiglia, Mentre un fanciullo lacero con una fronda in mano Di spingerla all'asciutto s'affaticava invano.

Poi si ritrasse, per paura che una scintilla volasse negli occhi alla piccina. Valeria, immobile, guardava il treno fuggente... e le parve di sentirselo correre sul cuore. Addio, Nancy! Addio, béby! Erano partite. E «domani» era molto lontano.