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Non sa che tu sei così bella? gridò ancora Bruno. Zitto, zitto! disse Nicla. Egli le gettò le braccia al collo e la baciò sulle guance. Come mi piace! esclamò. Ieri nel bosco eri tutta rossa; oggi sei tutta grigia. Tacque per ricordare, indi aggiunse: La mamma non veste mai come mi piace. Dice che non m'intendo. Ma è elegantissima, più elegante di me, rispose Nicla. E poi la mamma, poveretta....

Si destò finalmente. Quanto era durato il suo sonno? Era balzato in piedi, ritornando alla coscienza di medesimo. Non aveva sicuramente dormito molto, perchè nella cameretta era buio ancora. E poi, egli sentiva le guance ancor molli di pianto. Rasciugò le sue lagrime, si scosse, ed uscì nuovamente in coperta.

Il marchese strinse la figlia tra le braccia, le appiccicò un bel bacione sulle guance, e le disse, con finta severit

La contessa, tenendo la mano nella mano di Nicla, la trasse a e la baciò leggermente sulle guance. Arrivederci! ripetè poi. Arrivederci, contessa! Buon viaggio!... Non tardi troppo! Addio, Nicla! A domani! gridò Bruno alla fanciulla, riprendendo la mano di sua madre. Ma allontanandosi, le due giovani si volsero più volte e si sorrisero.

Prospero Anatolio uscì in una esclamazione inarticolata di sorpresa e di gioia, e strinse forte la moglie contro il petto, baciandole la bocca e le guance.

Ma questo sottile osservatore non c'era; e quand'anche ci fosse stato, avrebbe dovuto essere molto addentro nei segreti di quella dama, per indagare se fosse il caldo od altra ragione che le colorasse le guance.

Il ferito si rimosse, torse la bocca per lo spasimo, aprì li occhi verso l’alto; ma certo non potè vedere, perchè una specie di pellicola umida gli copriva lo sguardo. Grosse lacrime cominciarono a sgorgargli dalli angoli delle palpebre e a scorrere giù per le guance e pe ’l collo; la bocca gli rimase torta; nel sibilo fioco della gola si sentì un vano sforzo di favella. E in torno incalzavano:

Il duca di Feira non si provò a confortarlo, non disse parola; anch'egli era commosso, e due grosse lagrime gli rigavano le guance.

La risposta scoccò pronta, ardente, lunga dalle labbra di Ernesta, e s'impresse sulle guance del cieco. E intanto lo scrupoloso stornello continuava a gridare a gola spiegata.

Volgi a me gli occhi: volgi gli occhi e volgi il chiaro viso e le polite guance, le molli guance ad ogni aura tremanti, che fan tremar in me l'anima e i sensi di diletto, di voglia e di dolcezza. Ma qual'è quel diletto e quella voglia? Qual la dolcezza che sentir mi face il veder e l'udir le dolci labbra?