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Gualtieri è corbacchion di campanile: risponde che l'accetta con piacere; ma che rinunzi prima, s'è civile, il suo pubblico incarco all'imperiere, e poscia che sará di dal ponte, in sulla Senna, come un Rodomonte. Comincia Filinor pubblicamente a narrar per la piazza le faccende. Terigi è in sull'avviso, e colla gente narra la sua risposta e si difende.

Don Gualtieri, o don Volpe, ognuno ascolta. Perocché, avendo avuto da Ruggero cento zecchini di nascosto in dono per il maneggio, faceva pensiero anche munger ciascun senza perdono. E perché tutti nel loro mestiero van profferendo al prete un util buono se gli faceva aver l'opra in lor capo, Gualtier sta ritto come il dio Priápo.

A Terigi con arte affatto nuova promessa sposa è la bizzarra mia; Gualtieri e Guottibuossi, cappellani, a questo matrimonio son mezzani. Si dice: Il mondo fu sempre il medesimo. Io non mi voglio opporre a quel ch'è vero; credo però questo nostro millesimo assai peggior del tempo di san Piero, se ragioniamo quanto al cristianesimo e non prendiamo il mondo per l'intero.

Chiama il prete Gualtieri: Deh! t'accosta, dicendo, ed il cartel gli dava aperto. Don Gualtier legge. Il caso del duello non vo' dirvi per or, ch'è troppo bello. Il duello non segue per la mente di don Gualtier. Marfisa è screditata. La corregge Ermellina. Agiatamente Gano sen muore in forma inaspettata. Bandito è Filinor: resta furente Marfisa e fuor di modo disperata.

Bolle in un canto la conversazione intorno al far rifiorire il commercio ed al rinvigorir agricolture, cogli esempi del Congo e le misure. Le cose tutte andavano a pennello per l'attenzion del prete don Gualtieri, che in veste lunga e col suo gran cappello provvede agli orinali e a' candelieri.

Marco e Matteo dal Pian di San Michele, ch'eran torrenti della poesia, a don Gualtieri accendevan candele perché Terigi a un d'essi l'ordin dia. A Matteo don Gualtier non fu fedele, e con il patto che divisa sia la mancia tra Gualtieri e il vate Marco, a questo fece rimaner l'incarco.

Finito il carnoval, per i raggiri veniva la quaresima assistente, i sermon sacri ed i santi ritiri, e il zendal era un mezzo onnipossente: ch'è la finezza dell'usanza nuova far quel che alletta, e quel che alletta giova. Nuovamente a Rugger Terigi accocca il cappellan Gualtieri, a dirgli aperto che troppo l'onor suo Marfisa tocca e che il nuzial rimanderá per certo.

E vi dirò che Guottibuossi e seco Gualtier da Mulion, famosi erranti, perché sapeano un po' latino e greco, andaron preti e a servir di pedanti. E quell'altra notizia anche vi reco, che preti, e co' caratter sacrosanti, servian d'altri servigi lordi e goffi prete Gualtieri e prete Guottibuossi.

Dicea Gualtieri: Io sfido Malagigi a ritrovar piú sano pensamento co' suoi dimon. Non abbiate paura, ché vi fa grande onor la mia scrittura. Questo viglietto il prete, buona lana, fe' che Terigi a Filinor spedisce. Al guascon la risposta parve strana: pensa e ripensa e nulla stabilisce.

Tutto Parigi stava in attenzione su' scherzi di Marfisa e del guascone. Terigi fece dir da don Gualtieri a Rugger che troncasse quella trama. A Filinoro avea detto Ruggeri che cercasse altra casa ed altra dama. Il guascon gli rispose: Volentieri; ma fe' peggior effetto il porre in brama, ché la difficoltate ed il timore fe' cercar nascondigli e punti ed ore.