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Comunque fosse, Lippo del Calzaiolo, Cristofano Granacci e Angiolino Lorenzetti, detto il Chiacchiera, non avevano mestieri del suo aiuto per dar di fuori; erano giunti a tal segno, che le sue esortazioni pacifiche, se pure egli avesse creduto di farne, avrebbero sortito un effetto contrario. La vedete così? aveva detto in fine Tuccio di Credi. Accomodatevi.

Ma vedete un po' che combinazione! C'è al mondo qualcheduno che non la pensa come voi, Agnolo Gaddi, per esempio, che sta a Firenze, e sarebbe disposto a prendere con Lippo del Calzaiolo; il Giottino, di Firenze, e il Berna, di Siena, che farebbero a spartirsi il nostro Cristofano Granacci. Ah! esclamò il vecchio pittore inarcando le ciglia. Quei tre valentuomini hanno posto gli occhi su voi?

Eh, che vi pare? continuò il Chiacchiera. Non la riconoscete? La figlia del maestro! gridò Lippo del Calzaiuolo. To', è vero; soggiunse Cristofano Granacci. È madonna Fiordalisa. Infatti, disse a sua volta Parri della Quercia, è proprio lei, o una che le somiglia di molto. Ma perchè dicevi tu dianzi che il maestro non ha veduto questo disegno!

Quei cinque lasagnoni, com'egli spesso usava chiamarli, con dimestichezza punto piacevole a loro, si domandavano, Tuccio di Credi, Lippo del Calzaiuolo, Parri della Quercia, Cristoforo Granacci e Angiolino Lorenzetti, soprannominato il Chiacchiera.

E voi altri? La domanda era rivolta a Cristoforo Granacci e a Lippo del Calzaiolo. Ambedue furono pronti a rispondere: Con lui, maestro; alla medesima ora. E andate, tuonò il maestro, dando un'alzata di spalle, andate con lui, e col malanno che il ciel vi dia.

Vuoi un confortino? Un cordiale? Un lattovaro? gli disse il Chiacchera. Prendi questo; è Montepulciano, e il Greco giura di non averlo annacquato. Tuccio di Credi ricusò brevemente, col gesto, il bicchiere che gli offriva il Chiacchiera. Sapete la novella? disse egli. Quale novella? chiese Cristofano Granacci. Se non la spifferi, come possiamo saperla? soggiunse il Chiacchiera.

Cristofano Granacci e Lippo del Calzaiuolo risposero asciuttamente con un cenno del capo. Non me ne congratulo con loro; ripigliò mastro Jacopo, poi ch'ebbe veduta la mimica. Sentiamo ora, poichè non mi hai detto tutto, soggiunse, volgendosi al Chiacchiera, sentiamo ora chi sia disposto a prender te, succiaminestre!

Tutto si può credere,-perchè il lavoro si fa in Duomo, sulle impalcature, dove il maestro non ha più voluto vedere nessuno di noi. Gatta ci cova! sentenziò Cristofano Granacci. Intanto eccolo pittore. E che lavoro è, quello che fa, il sornione? Un San Donato che ammazza il serpente con una benedizione; rispose Tuccio di Credi. Tu l'hai veduto?

Fu questo il commiato di mastro Jacopo di Casentino ai suoi degni scolari, Angiolino Lorenzetti, detto il Chiacchiera, Lippo del Calzaiolo e Cristofano Granacci.

Se non c'è bisogno d'altro, per entrar nelle grazie di mastro Jacopo, esclamò Cristofano Granacci, glielo facciamo tutti, il ritratto a madonna Fiordalisa. Credete che sia così facile? entrò a dire Parri della Quercia. Perchè no? Che cosa c'è egli di tanto difficile? ribattè il Granacci. Tutto; rispose Parri. -Non avete osservato come ella si muta ad ogni momento?