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Passammo nella pianura, dinanzi a parecchi casini e vaghi giardini; quindi, lasciata la valle del Fibreno, prendemmo a salire il monte per una bella e comoda strada, dalla quale si gode una nuova vista, affascinante per la variet

Pietro, venendo al mondo il primo, godè del rango di primogenito, e, poco dopo, del titolo e dei diritti della sua nascita, alla morte del padre. Quantunque gemelli, i due bambini si rassomigliavano poco.

e ora in te non stanno sanza guerra li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode di quei ch’un muro e una fossa serra. Cerca, misera, intorno da le prode le tue marine, e poi ti guarda in seno, s’alcuna parte in te di pace gode. Che val perché ti racconciasse il freno Iustinïano, se la sella è vòta? Sanz’ esso fora la vergogna meno.

Ma il barbaro in mezzo Al sangue, alle prede Non gode, se Roma In polve non vede; Ed eccol dall'Alpi Furente calar. Qual possa di braccio Avria soffermato Chi tanto al suo ferro Gi

Ecco, passa spiata la fanciulla e vien presa. Vien presa ed il garzone ratto corre a baciare: la gentile prigione non rifiuta le care labra ai baci, s'è presa. E amor, fanciulle, occhieggia malizioso nel folto: ivi gode e dileggia. La captiva il bel volto rubicondo ha rivolto amante all'amatore.... e prende il cacciatore: la favola è nuova.

Ulisse Moscati si ritrasse, come aveva divisato, nel chiostro; però non prese mai gli ordini sacri, e godè per alcuni anni quella pace stanca, che aspetta gli uomini, non gi

Così ne disse; e però ch’el si gode tanto del ber quant’ è grande la sete, non saprei dir quant’ el mi fece prode. E ’l savio duca: «Omai veggio la rete che qui vi ’mpiglia e come si scalappia, perché ci trema e di che congaudete. Ora chi fosti, piacciati ch’io sappia, e perché tanti secoli giaciuto qui se’, ne le parole tue mi cappia».

Quivi si vive e gode del tesoro che s’acquistò piangendo ne lo essilio di Babillòn, ove si lasciò l’oro. Quivi trïunfa, sotto l’alto Filio di Dio e di Maria, di sua vittoria, e con l’antico e col novo concilio, colui che tien le chiavi di tal gloria. Paradiso · Canto XXIV «O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba , che la vostra voglia è sempre piena,

Ne l'altra piccioletta luce ride quello avvocato de' tempi cristiani del cui latino Augustin si provide. Or se tu l'occhio de la mente trani di luce in luce dietro a le mie lode, gia` de l'ottava con sete rimani. Per vedere ogni ben dentro vi gode l'anima santa che 'l mondo fallace fa manifesto a chi di lei ben ode.

Sorge a la Diva accanto Disdegnoso uno Spirto, a cui nell'ira Divien foco il pensier, fulmine il canto. Superba aquila al nembo Fida il volo, e combatte; e allor che mira L'etereo Sol, che d'amoroso dardo Punge e ravviva al vasto essere il grembo, Per l'aere ardente e pura Spaziar gode secura, E nel fuoco del cielo appunta il guardo.