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Ed egli frattanto a perdersi in mille zacchere, colla Giumella, coi cavalieri di Malta, coi libri, colle tragedie, colla gloria. Imbecille! E giungeva tardi, per conseguenza; perdeva il vantaggio di essersi fatto innanzi pel primo; quel destro mariuolo, che non pareva lui, gli aveva vogato sul remo.

Per altro, egli non doveva sfuggire alla gratitudine della signora Giuseppina Giumella. Il bene che si fa, non si perde. Anche il nostro Nicolino Ariberti se lo avr

Ma la signora Giumella era tanto graziosa, a quel lume mattutino! E poi, non rideva di lui, come quell'altra! Infine, chi sapesse da quali piccole cause dipendono spesso gli atti più rilevanti di un' uomo!.... Fo punto, perchè credo che la cosa sia stata gi

Quasi non sarebbe mestieri di raccontare che il glorioso feritore di Giovanni Forniglia aveva mandato a quel paese la signora Giuseppina Giumella, non rispondendo neppure alle lettere pentite della fiorista, che si affannava a dirgli in pessimo italiano di abborrire quel mostro di suo cugino, il quale era stato ad un pelo di ucciderle il suo tesoro, il suo diletto «Aliberto». Quella disgraziata aveva avuto un bell'offendere la sintassi per lui, un bell'assassinare l'ortografia, un bel chiudere le sue lettere con un «io l'amo indissolubile». Il suo Ernani ci aveva altro pel capo.

Oramai, non c'era più da sperare. Ariberti corse cogli occhi in fondo alla lettera. E qui, s'egli avesse avuto la memoria più pronta, non ci sarebbe stato neanche da stupirsi. La firma era quella della «sua devotissima serva, Giuseppina Giumella» di quella fiorista in via Dora Grossa e pigionale della signora Paolina, in via degli Argentieri, che i lettori conoscono.

Scusi, signorina, balbettò l'Ariberti, impacciato come un pulcino nella stoppia; cercavo un amico che abita qui... il signor Filippo Bertone. Qui non abitano Bertoni; diss'ella, ma senza aver l'aria di mandarlo via; ci abito io, Giuseppina Giumella, fiorista presso madama Falcheri, in via Doragrossa, numero 15.

Le chiedo scusa... Buon giorno, signorina. Quando la signora Giuseppina Giumella si avvide che l'amico Bertone non era un pretesto e che quel timido giovinetto non cercava proprio di lei, uscì sul pianerottolo per fargli servizio e chiamare la padrona di casa.

E fatte altre poche parole di commiato, il nostro Nicolino infilò le scale, dopo aver risposto con una scappellata al gentile saluto e al profondo inchino della signora Giuseppina Giumella, fiorista in Doragrossa, a cui certe parole della padrona di casa avevano dato un gran concetto delle ricchezze di quel timido visitatore.

Di questa guisa, tra l'immagine della marchesa e quella di Giuseppina Giumella, che la sua ferace fantasia accoppiò per alcuni momenti in un medesimo intrigo, tra gli zitti della vigilia e la visita del giorno imminente, il nostro eroe dormì poco e balzò dal letto più presto del solito.

Per altro, siccome non era un andare alla morte, si fece animo come potè, e ravviati colla mano i morbidi capegli sul fronte, e tirate due punte, o per dir meglio, due ombre di baffi, diede una scossa al campanello che sapete. L'uscio si aperse prontamente, e la signora Giuseppina Giumella, fatto entrare il visitatore, fu pronta del pari a richiuderlo.