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Dopo il momento ch'io rimasi rattrappito nel più profondo della stiva, sulla soglia tragica che ti scrissi, con due violenti fulgori sul volto, la luce della lanterna e lo sguardo del gin-mù, la mia rimembranza s'estingue. Mi ritrovo poi immobile, placido, imperterrito a cavalcioni della più eccelsa antenna d'artimone, dominante il mare. Come io fossi saltato sulla tolda e arrampicato sull'albero maestro, non lo rammento. Ma so che il piccolo Yao, che prima se ne stava accovacciato fra le tenebre, non era più quello stesso che s'ergeva librato fra le sartie della nave, col sole nelle pupille e colla fronte al vento. La mia mente pareva essersi sollevata col mio corpo fra quelle libere altezze, sentivo trabalzar il mio cuore con rapidi e fierissimi slanci, come se la sferzata di quel manigoldo avesse mosso nel mio petto un meraviglioso palèo. Il senso della dignit

Pure sentivo che quella vita di mare non poteva essere che passeggiera per me, e benché mi rammentassi quelle parole di mia madre: Diventerai un grande navigatore, pensavo che l'arte marinaresca non sarebbe stata il mio destino, dacché nessuno s'occupava ad istruirmi in quella, il gin-mù esigeva da me fatica di sorta sul vascello, e da ciò mi risultava ancora più evidente l'inganno in cui doveva esser caduta la madre. La madre! ed allora mille incertezze assai più crudeli mi assalivano e pensavo: Quella affettuosa donna mi allontanò dalle sue braccia per causa della carestia che infieriva; mi salvò così dalla fame; diede il suo oro per salvarmi, quel poco d'oro che essa aveva raccolto con tanto sacrificio di lavoro e di astinenze: il pericolo dunque doveva essere estremo, la necessit

E quella fu la terza e, fino ad oggi, ultima volta che la mia innata ghiottoneria m'aveva tratto ai cattivi passi. Un'altra volta questo malo istinto mi valse quella tale staffilata che mi diede il gin-mù quando nella stiva del vascello andai alla cerca delle cose dolci promessemi dalla madre.

Mi appoggiai ad una parete e rividi in un baleno della memoria l'orrendo stivaggio del vascello del pastore d'uomini. Tom Tompson, il gin-mù, aveva ingannato mia madre. William Wood sorrideva. Ero uno schiavo! Marianna, dramma in tre atti di Paolo Ferrari. La famille Benoîton, commedia in cinque atti di Victorien Sardou. Piccolino, commedia in tre atti di Victorien Sardou.

Nella confusione dei marinai e dei mozzi che preparavano il vascello per lo sbarco, il gin-mù mi chiamò, mi prese per mano, poi mi condusse davanti al padrone di Ram

Da quel momento la mia vita s'è divisa in due epoche, dirò più, in due ere morali: prima della staffilata del gin-mù; dopo la staffilata del gin-mù. Ma qui permetti che ricorra ad un'immagine.

Quando, come adesso, rievoco nella memoria quell'attimo feroce in cui sentii piombare sulla mia schiena la sferza del gin-mù, penso che quello fu l'attimo decisivo e capitale del mio destino, l'impulso primo che inflisse al mio spirito quel moto particolare del pensiero che vien detto, fra gli uomini, carattere, e che è quasi uno stile dell'anima.

Nei primi giorni ch'io navigai sul vascello di quell'uomo crudele che mi strappò dal bacio materno, non pensai di esser vittima d'un gin-mù, d'un mercante di schiavi, d'uno di quelli che la timida ironia del popolo cinese chiama pastori d'uomini. Vissi fidente fra le mani di colui, perché mia madre mi ci aveva posto.

Placido sull'antenna, pensavo; pensavo che quella mia discesa nella stiva era stata giusta e saggia, perché ne avevo dedotto la certezza che quel gin-mù ingannava mia madre. Il carico di schiavi l'avevo visto co' miei occhi; nessun'altra mercanzia apparve sotto sopra il ponte. Sentivo d'essere caduto in potere di un feroce nemico, e fanciulletto e solo, provavo il bisogno di difendermi, di armarmi, di conquistare le nobili forze del corpo e della mente, tanto più che difendendomi mi pareva di vendicare mia madre. Sotto i miei piedi penzolanti nel vuoto vedevo l'equipaggio della nave muoversi, affaccendarsi; tutta quella folla mi sembrava ostile. Compivo in quel giorno undici anni; mi rammento di aver fatto questo computo. Undici anni! pensai con orgoglio, e levando il mio berretto marinaresco dal capo, mormorai gravemente come compiendo un voto sacro: Sii tu il mio Kuan, il mio berretto di virilit

La stagione, che era piuttosto fredda al principio del viaggio, andava mano mano temperandosi. Mi pareva di essere balzato dall'autunno alla primavera. Ripensavo alle lune che avevano brillato sul mare durante la nostra navigazione e non riuscivo a computarne più di tre. Secondo i miei calcoli, dovevamo esser vicini al solstizio d'inverno, e il caldo aumentava. Questo fenomeno atmosferico m'inspirava meraviglia e turbamento. Tutto era enigmatico intorno a me, il vascello in cui viaggiavo, il gin-mù che lo guidava, il piccolo Ram