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Ma vedete un po' che combinazione! C'è al mondo qualcheduno che non la pensa come voi, Agnolo Gaddi, per esempio, che sta a Firenze, e sarebbe disposto a prendere con Lippo del Calzaiolo; il Giottino, di Firenze, e il Berna, di Siena, che farebbero a spartirsi il nostro Cristofano Granacci. Ah! esclamò il vecchio pittore inarcando le ciglia. Quei tre valentuomini hanno posto gli occhi su voi?

Eh, e no. Bisognerebbe, ad esempio, saper scegliere un po' meglio tra nuovi e nuovi. Giotto di Bondone è un gran maestro, e Taddeo Gaddi gli si stringe ai panni. Ti consiglio d'imitare questi due. L'altro, da cui t'è piaciuto di copiare, è un artista da dozzina, il quale non si raccomanda che per un poco di buona volont

A Teglio fu ministro Paolo Gaddi cremonese, che aveva fatto tirocinio a Ginevra, poi assistito alcun tempo il pastore di Poschiavo.

Vedete, ad esempio, il nostro bravo messer Jacopo di Casentino. Il vecchio scolaro di Taddeo Gaddi, il degno continuatore della tradizione di Giotto, indovinava facilmente che quel giovinottino da lui preso a bottega, quando avesse fatto un tantino di pratica nel maneggio dei pennelli, sarebbe diventato di schianto un artista insigne, un maestro, da lasciarsi addietro i migliori del suo tempo. E per lui, per quell'aquilotto che metteva appena i bordoni, mastro Jacopo aveva smosso il suo piglio burbero; per lui trovava le parole amorevoli, la placida assiduit

E Jacopo, andato a Firenze con Taddeo Gaddi, non fece torto alle speranze che questi aveva concepite di lui, dipingendo tra l'altre cose il tabernacolo della Madonna di Mercato Vecchio e le vòlte d'Orsanmichele, che aveva ad essere il granaio del Comune.

Maestro, osò dire il Chiacchiera, voi restringete il campo dell'arte. Che campo m'andate voi sfringuellando? Il campo dell'arte! Ecco un'altra invenzione dei pittori parolai. Dovevate vederlo che cos'era il campo dell'arte, quando vivevano i grandi maestri. Non le si conoscevano mica, queste cianciafruscole ai bei tempi di Taddeo Gaddi e di Giotto!

Era nato a Prato vecchio, nella famiglia di messer Cristoforo Landino, e il nome patronimico lo aveva avuto da un frate di Casentino, guardiano al Sasso della Vernia, che l'aveva preso a ben volere, e, vedendo la sua inclinazione all'arte del dipingere, lo aveva acconciato con Taddeo Gaddi, nel tempo che questo valoroso scolaro di Giotto era a lavorare nel suo convento.

...! Vennu li gaddi, addiu gaddini! Addiu nassa, canigghia e puddicini! E seguiva la risposta: Addiu nassa, canigghia e puddicini! Minchiuni! ch’è grossa! ’Na vota si mori!

Un'altra fortuna era toccata a mastro Jacopo; quella io vo' dire di mostrare ad un altro, e con frutto, i principii di quell'arte che a lui aveva insegnata il Gaddi. Ai giorni nostri i pittori non fanno più scuola, o non si rodono di avere dei buoni discepoli, come una volta. Ogni artista lavora per , gelosamente tappato nel suo studio, quasi temendo che altri gli rubi il tocco, o l'impasto dei colori. Ma in quei tempi di vita rigogliosa per l'arte, era una festa aver gente dattorno, e un pittore non si teneva per maestro, se non aveva una mezza dozzina di scolari, uno dei quali, uno almeno, di più facile ingegno e di più pronta volont

La morte del vecchio scolaro di Taddeo Gaddi risaputa in Arezzo, non fece altro che rinfrescare il dolore di un'altra morte, a cui essa era collegata, come l'effetto alla causa.