United States or Syria ? Vote for the TOP Country of the Week !


DON FLAMINIO. Tanto men spazio di tempo è dato alla mia vita. Una tempesta di pungenti pensieri m'ha ferito il core, una nuvola di malinconia m'ha circondato l'anima, giá la gelosia ha preso possesso del mio core: non posso fingermi piú ragioni contro me stesso per trasviarla.

DON RODORIGO. Ferma, don Ignazio! ferma, don Flaminio! Oh che confusione di sdegno e di furore, oh che misero spettacolo d'un abbattimento di doi fratelli! POLISENA. Fermate, cavalieri! fermate, fratelli! e non fate che lo sdegno passi insin al sangue.

FESSENIO. Ve è vòlto, in fine. FULVIA. Fessenio mio, se tu vuoi l'util tuo, se tu ami il ben di Lidio, se tu stimi la salute mia, trovalo, persuadilo, pregalo, stringilo, suplicalo che per questo non si parta, perché io farò per tutta Italia cercar di lei; e, se avvien che si ritrovi, da , Fessenio mio, come t'ho detto altre fiate, li do la fede mia che io la darò per moglie a Flaminio mio unico figliuolo.

Mi fermo e veggio il cappellano: entro in ragionamento con lui, e mi dice che il conte questa mattina è gito a Tricarico a caccia, e mi dice che molti giorni sono che del matrimonio piú non si tratta, anzi stima che don Flaminio vuol dargli la baia. DON IGNAZIO. O Simbolo, che sia tu benedetto mille volte, ch'avendomi con la prima nuova tolto l'anima, con questa me l'hai riposta in corpo!

DON FLAMINIO. Vi lascio le sue cose in vece di lei per questo breve tempo che mi è concesso goderla. DON IGNAZIO. Eccole, tornatele adietro. DON FLAMINIO. Vi lascio la buona notte. DON IGNAZIO. Anzi notte per me la piú acerba e d'infelice memoria che sia mai stata!

EUFRANONE. Alzatevi, signor don Flaminio, ché la vostra soverchia creanza non facci me malcreato: ardisco abbracciarvi perché me lo comandate. DON IGNAZIO. Intendo, signor don Rodorico, che per accomodar il fallo di don Flaminio l'avete ammogliato con l'altra sorella.

DON FLAMINIO. Poiché non posso giovarle col spender la robba, la vita e l'onore, le giovarò con la lingua: onorerò lei, infamerò me stesso; e son tenuto farlo per obligo di cavaliero. Andiamo insieme innanzi al mio zio, accioché di quello che farò ne siate buon testimone. Tutti stanno colerichi: intrighi di amori, di morti, di cavalieri, e cacasangui che venghino a quanti sono!

DON IGNAZIO. Non so che offerirvi in particolare, se sète padrone di tutta la mia robba. DON FLAMINIO. Veramente la merito, perché ci ho faticato; e se ben l'un fratello è tenuto por la vita per l'altro, pur in cosa di gran sodisfazione non si vieta che non si faccino alcuni complimenti fra loro. DON IGNAZIO. Mi sottoscrivo a quanto mi tassarete.

POLISENA. A Dio solo si dia la gloria, ché noi non siamo meritevoli di tanti favori per li nostri peccati. EUFRANONE. Moglie, va' e fa' quanto t'ho detto, ché io andrò a convitar per domani tutti i parenti e la nobiltá di Salerno. DON FLAMINIO. Io vo' far prima ogni sforzo se posso indurla ad amarmi; e quando non mi riuscirá, non mancará ricercarla per moglie.

Come si portò vostro fratello? DON IGNAZIO. Fece anch'egli grandissime prodezze. ... In somma ella fu l'occhio e la perfezione de tutta la festa. Finito il gioco, fingendomi stracco e altre colorite cagioni, ritrassi don Flaminio dallo steccato, il quale avea gran voglia d'uscirne, e ci reducemmo a casa; ma prima avea imposto ad un paggio s'avesse informato chi fusse.