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Torniamo a noi, ripigliò il Picchiasodo, e sbrighiamo anzitutto quell'altro. Messere, disse il Falamonica sottovoce al padrone, sapete che la bombarda è carica.

Così dicendo, il Falamonica trasse di tasca la corda di ricambio della sua balestra; l'annodò con quell'altra, che aveva avuto cura di spiccare dai due capi del suo strumento di guerra, e v'adattò in fondo il crocco, che era il gancio del martinello con cui si caricavano le balestre, e serviva a tender la corda fino a quel punto del fusto, o teniere, che dir si voglia, dove s'incoccava la freccia.

Il Falamonica intanto a calar la sua fune. Tutto andò com'egli aveva immaginato. Il crocco dondolava, faceva le giravolte a due o tre spanne dalla secchia. Bisognava dunque spenzolarsi sull'orlo del pozzo e allungare il braccio, perchè il gancio arrivasse; pel resto, non si trattava che di cogliere il punto buono e infilare il dente nell'anello insidiato. Il Maso guardava, e guardando pensava.

Son fritto! diss'egli un'altra volta in cuor suo. Non c'è più scappatoie. Per altro, nell'avvicinarsi alla comitiva, l'animoso giovinotto volle ancor dire la sua. Ah, sia lodato il cielo, Falamonica! Siete voi, proprio voi, in carne ed ossa! E nervi, per stringerti il nodo alla gola, assassino! rispose il Falamonica, guardandolo a squarciasacco. Il Picchiasodo entrò in mezzo al discorso.

Scusate, Falamonica, non l'ho fatto a posta; disse il Maso umilmente. Eh, non ci mancherebbe altro che tu l'avessi fatto a posta! replicò il Falamonica, che così avea nome il paggio. Va l

Ma non ci dilunghiamo dal nostro argomento. La notte è calata, notte buia e fredda, siccome si è detto, e gravida di tempesta. Giovanni di Trezzo e i suoi trecento fanti escono silenziosi dal battifolle di Pertica, sfilano leggieri a guisa di ombre davanti a quel pozzo, in cui, la mattina di quel medesimo giorno, aveva pigliato un bagno freddo il povero Falamonica. Spartiti in dieci bandiere, ognuna delle quali constava di trenta uomini, cioè a dire dieci balestre, dieci picche e dieci pavesi, i soldati di Don Giovanni di Trezzo (la dominazione aragonese nel reame di Napoli aveva gi

In quel mentre, il Falamonica si messe a gridare. Ah, cane! eccolo l

Colui che il Falamonica segnava a dito, era per l'appunto il Maso, fatto prigioniero nella beltresca, riconosciuto da alcuni soldati pel fuggitivo del giorno addietro, e condotto da essi al Campora, colla speranza di averne la mancia. Anche il Maso riconobbe il Falamonica, e se fu contento di non averlo mandato a male, non si tenne altrimenti per salvo.

Andalo del Negro, il Caffaro, Battista Vernazza, Giustina Vageria, Bartolomeo Falamonica, Ansaldo Ceba, Matteo Senarega hanno scritto: Tadisio Doria, i due Vivaldi, Colombo, Antonio Noli, Usodimare hanno viaggiato: le pagine degli artisti le vedrete nei palazzi: Via Nuova, a detta del Vasari, è unica al mondo.... Imbocco la tromba d'oro, squillo tre volte tre, e proclamo a tutti i venti.

Il pozzo non era molto profondo, e il Falamonica, così ad occhio, aveva misurato lo spazio che gli bisognava percorrere con quella ságola posticcia. Le due corde annodate bastavano, solo che egli si curvasse un pochino sull'orlo del pozzo, per calare il crocco fin sotto l'anello della secchia, che si dondolava beatamente sul pelo dell'acqua. Ripesco io? disse il Maso, offrendosi a quella fatica.