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Chiesi, colla barba e coi capelli impolverati e coi neracci della notte perduta sotto gli occhi, pareva un capo ciurma invecchiato di dieci anni in poche ore. Don Davide in un altro luogo avrebbe fatto scompisciare dalle risa. Aveva l'aria di un Ernani passato attraverso il polverone della strada.

Perchè ho citato Carlo V, incomincerò dall'artista che ne sostiene la parte. Il Worms è un attore intelligente e coscienzioso, pieno di severa eleganza nel portamento e nel gesto. Notevole la impertinenza altezzosa del giovine re nell'appartamento di Donna Sol, la sua freddezza orgogliosa nell'incontro notturno con Ernani, la sua fierezza prepotente nella sala di ricevimento del castello dei Silva, il passaggio del suo carattere ad una gravit

Mettere a fianco a fianco sulla scena Zacconi, la Duse, e Mayol, Sarah Bernhardt e Fregoli. Eseguire una sinfonia di Beethoven a rovescio, cominciando dall'ultima nota. Ridurre tutto Shakespeare ad un solo atto. Fare altrettanto con tutti gli attori più venerati. Far recitare Ernani da attori chiusi fino al collo in tanti sacchi.

Del Mounet-Sully, che fa la parte d'Ernani, mi dicono che sia questo il suo caval di battaglia; e lo credo facilmente. È giovane, di membra vigorose, che non escludono l'eleganza; ha larghi e bei lineamenti, neri gli occhi ed aperti, la chioma folta come una giubba leonina. Tutto impeti nel gesto e nella voce, ora gorgoglia, come un torrente tra i sassi (e allora non ne capite più una sillaba) ora si allarga, ma per poco, in un fiume sonoro. Capisco che questa di Ernani, parte concitata e quasi febbrile, da attaccarsi alla brava, come si attaccherebbe un ridotto nemico, sia fatta, meglio di qualunque altra, per lui, e che i suoi medesimi difetti possano dargli impronta di maggior verit

Quasi non sarebbe mestieri di raccontare che il glorioso feritore di Giovanni Forniglia aveva mandato a quel paese la signora Giuseppina Giumella, non rispondendo neppure alle lettere pentite della fiorista, che si affannava a dirgli in pessimo italiano di abborrire quel mostro di suo cugino, il quale era stato ad un pelo di ucciderle il suo tesoro, il suo diletto «Aliberto». Quella disgraziata aveva avuto un bell'offendere la sintassi per lui, un bell'assassinare l'ortografia, un bel chiudere le sue lettere con un «io l'amo indissolubile». Il suo Ernani ci aveva altro pel capo.