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Emancipata nel 936 dal grande Otone, entrò nella lega lombarda, e fu poi straziata da' partiti, tiranneggiata da' vicarii, e subì con pazienza impotente il giogo crudele di Enrico VII. Nel 1330 stanca delle lunghe oppressioni degli antichi signori, invocò la protezione di Giovanni re di Boemia e di Polonia, dal quale, per aver lui rotta la fede giurata, si emancipò di nuovo per darsi agli Scaligeri, donde passava con Bergamo pochi anni dopo a' Visconti.

La questione se l'Italia, emancipata dal barbaro, debba ordinarsi in lega di repubbliche confederate, o costituirsi repubblica una e indivisibile, vorrebbe forse più lungo discorso che non concedono i limiti d'un articolo di giornale. Non che per noi si credano egualmente convalidate di forti argomenti le due sentenze. L'opinione che predica il sistema federativo ci sembra generata da una strana confusione d'idee e di vocaboli, che forse non dura se non perchè pochi la discussero freddamente, e vergini di pregiudizî ; poi da quel senso di sfiduciamento che s'è coi secoli di servaggio inviscerato negli Italiani, e li indugia sui confini del nuovo stato in continue transazioni col vecchio che pur vorrebbero struggere. Ma è questione che vezzeggia e sollecita l'individualismo, potentissimo anch'oggi in Italia: questione che si nutre di tutte quelle gelosie, gare e vanit

Bisogna fare, o scadere. E fare e riescire si può, se lasciate da banda le vie oblique, rinunziando, non a giovarsi della diplomazia, ma ad accettarne le inspirazioni, rassegnando alla nazione emancipata i programmi dell'avvenire, accettando, fin dove importa, la cooperazione d'ogni elemento, ma non sottomettendo la propria azione ad alcuno gli uomini che amano il paese più che stessi, vogliano unirsi tutti ad azione incessante, ardita, virile, nelle norme seguenti: Vogliamo una Patria, vogliamo la Nazione; vogliamo che una Italia sia. Possiamo accettare, a giovarcene, non chiedere, riforme o miglioramenti amministrativi e civili. Sappia l'Europa che venticinque milioni d'uomini, figli d'una terra che ha dato all'Europa incivilimento e unit

Il paese era penetrato da un alto e legittimo senso di orgoglio nazionale; ed era questa la prova espressa, che la Francia si era emancipata dalla tutela straniera. «Se l'Europa tenesse presentemente, come ai cento giorni, settecentomila uomini sotto le armi», confessò il principe di Metternich all'ambasciatore piemontese Pralormo, «io mi deciderei sull'istante a marciare su Parigi». Se ad onta di tali umori le potenze orientali si sentirono costrette a riconoscere il nuovo regime, questo, dunque, era un sintomo della potenza della Francia.

Povera mamma! sussurrava nell'orecchio al professore Varedo la Olga, la ragazza emancipata. È sui carboni ardenti per me. Quel Nocera è un uomo molto volgare notò Varedo. Olga Duranti fece una spallucciata. È un filosofo. Cara signorina, non calunni i filosofi. Voglio dire che subisce con rassegnazione il proprio destino... E poi la sua è un'allegria forzata... Deve ingoiarne tante!

Una grande riforma s'era intanto compiuta nell'esercito nemico alla Francia. Per impulso dato segnatamente dal principe Federico Carlo e seguito efficacemente da altri, la pedanteria militare prussiana aveva fin dal 1861 ceduto il terreno a una scuola più libera, più emancipata dal metodo servile che prescriveva il da farsi per ogni menoma contingenza possibile, e lo riduceva, come il Talmud gli Israeliti, a ufficio di macchina, costringendolo in ogni circostanza e per ogni atto a forme e regole prestabilite. Le istruzioni tattiche Prussiane di quell'anno iniziavano un nuovo periodo: affidavano gran parte dell'esecuzione di principî irrevocabilmente accettati dalla scienza guerresca al giudizio e all'inspirazione degli ufficiali: riconoscevano l'individualit

Emancipata dall'idolatria, e spinta col suo culto del vero e della giustizia verso la fratellanza universale, Roma potr