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Per lo più ella non s'allontanava se non nell'ora dei suoi pasti. Ma era sostituita per lo più da mia madre o da miss Edith o da Cristina o da qualche altra donna di servizio. In quest'ultimo caso io avrei potuto facilmente liberarmi della testimone, dandole un ordine. Ma rimaneva sempre il pericolo che qualcuno sopraggiungesse all'improvviso nel frattempo. E inoltre io ero in balìa della ventura, non potendo io stesso scegliere la persona subentrante. Era probabile che tanto in quella sera quanto nelle sere successive fosse mia madre. D'altronde, mi pareva impossibile prolungare indefinitamente le mie vigilanze e le mie ansiet

Una donna orribile, sospirò Edith. Sono tutti diversi da come me li aspettavo. E sconfortata sedette sull'erba.

Mi hai reso molto felice. Tom.» ... Questi erano i ricordi di Valeria, mentre camminava nel mite sole inglese, e piangeva amaramente sotto l'ala del vecchio cappello di Edith.

Suonavo sempre del Chopin per lo zio Giacomo, che del resto detestava la musica... E poi... quando mi sono sposata... Tom... qui Valeria ruppe in nuovi singhiozzi mi diceva sempre... che preferiva me... a... a... Pachman... e a tanti altri... Edith, commossa, l'abbracciò.

La ragazza in lutto, le stava davanti in ginocchio, battendo le mani e cantando: «Cara! cara! cara!... bella! bella! bellamentre Wilson, la nurse, voltando le larghe spalle indifferenti, vuotava i tiretti del cassettone di Edith, piegando le sue cose e mettendole da parte per portarle disopra nella cameretta che doveva d'or innanzi servire alla ragazzina; poichè della camera di Edith aveva bisogno il béby.

Lo sollevò con due dita, tenendolo pel nastro sgocciolante. Non era mai stato un bel cappello: era anzi una vecchia e orribile pastorella che Edith portava, protestando, da molto tempo. Certo non pareva un oggetto pel quale valesse la pena di pescare tre giorni. Oh, grazie tanto! disse Valeria. Ma, adesso come faccio a prenderlo?

Edith e sua madre, tragiche e sole, volsero i passi verso le cime dove brilla eterna la neve e la speranza. Davos scintillava adamantino e terso nel sole invernale. Edith giaceva sulla terrazza dell'Hôtel Belvedere, con una coltre ravvolta intorno alle ginocchia e un parasole aperto sul capo. Era felice. Sua madre le aveva allora allora portato una lettera di Nancy.

Edith e due altre giovinette gli stavano vicino: le loro tre teste bionde splendevano al sole. A un tratto Valeria sentì che odiava l'Inghilterra, che odiava la gente che le stava attorno, e che le conversazioni sul tempo, sul thè, sul tennis la farebbero impazzire. I suoi occhi neri si posavano su Nino e su quelle tre teste bionde inclinate verso di lui, splendenti in tre diversi toni d'oro.

Valeria, che è la mamma del béby, è italiana, e tutta vestita di lutto, narrò Edith, sempre più depressa. E sono venute a star qui per sempre. E quel béby avr

Tutt'e due quei Tom, disse Edith; son morti tutt'e due. L'uno è morto quattro giorni fa, e l'altro è morto sette anni fa; e tu non li devi confondere a quel modo. Dunque, ricordati: un Tom era mio pap