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Poi, rallargati per la strada sola, ben mille passi e più ci portar oltre, contemplando ciascun sanza parola. «Che andate pensando voi sol tre?». sùbita voce disse; ond’ io mi scossi come fan bestie spaventate e poltre. Drizzai la testa per veder chi fossi; e gi

E se non fosse ch’io drizzai mia cura, quand’ io intesi l

Drizzai la testa per veder chi fossi; e gia` mai non si videro in fornace vetri o metalli si` lucenti e rossi, com'io vidi un che dicea: <<S'a voi piace montare in su`, qui si convien dar volta; quinci si va chi vuole andar per pace>>. L'aspetto suo m'avea la vista tolta; per ch'io mi volsi dietro a' miei dottori, com'om che va secondo ch'elli ascolta.

mi spronaron le parole sue, ch’i’ mi sforzai carpando appresso lui, tanto che ’l cinghio sotto i piè mi fue. A seder ci ponemmo ivi ambedui vòlti a levante ond’ eravam saliti, che suole a riguardar giovare altrui. Li occhi prima drizzai ai bassi liti; poscia li alzai al sole, e ammirava che da sinistra n’eravam feriti.

Drizzai la testa per veder chi fossi; e gia` mai non si videro in fornace vetri o metalli si` lucenti e rossi, com'io vidi un che dicea: <<S'a voi piace montare in su`, qui si convien dar volta; quinci si va chi vuole andar per pace>>. L'aspetto suo m'avea la vista tolta; per ch'io mi volsi dietro a' miei dottori, com'om che va secondo ch'elli ascolta.

E se non fosse ch’io drizzai mia cura, quand’ io intesi l

E se non fosse ch'io drizzai mia cura, quand'io intesi la` dove tu chiame, crucciato quasi a l'umana natura: 'Per che non reggi tu, o sacra fame de l'oro, l'appetito de' mortali?, voltando sentirei le giostre grame. Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali potean le mani a spendere, e pente'mi cosi` di quel come de li altri mali.

Li occhi prima drizzai ai bassi liti; poscia li alzai al sole, e ammirava che da sinistra n'eravam feriti. Ben s'avvide il poeta ch'io stava stupido tutto al carro de la luce, ove tra noi e Aquilone intrava. Ond'elli a me: <<Se Castore e Poluce fossero in compagnia di quello specchio che su` e giu` del suo lume conduce,

E se non fosse ch'io drizzai mia cura, quand'io intesi la` dove tu chiame, crucciato quasi a l'umana natura: 'Per che non reggi tu, o sacra fame de l'oro, l'appetito de' mortali?, voltando sentirei le giostre grame. Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali potean le mani a spendere, e pente'mi cosi` di quel come de li altri mali.

Li occhi prima drizzai ai bassi liti; poscia li alzai al sole, e ammirava che da sinistra n’eravam feriti. Ben s’avvide il poeta ch’ïo stava stupido tutto al carro de la luce, ove tra noi e Aquilone intrava. Ond’ elli a me: «Se Castore e Poluce fossero in compagnia di quello specchio che e giù del suo lume conduce,