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Allora il duca mio parlò di forza tanto, ch’i’ non l’avea forte udito: «O Capaneo, in ciò che non s’ammorza la tua superbia, se’ tu più punito; nullo martiro, fuor che la tua rabbia, sarebbe al tuo furor dolor compito». Poi si rivolse a me con miglior labbia, dicendo: «Quei fu l’un d’i sette regi ch’assiser Tebe; ed ebbe e par ch’elli abbia

Che fate in questa valle, o sciagurati, Necessario sognando alterno sdegno? I mali suoi dall'uom sono addoppiati, Se di superba intolleranza è pregno: A dolor, , ma pure a gioia nati, Da mutua avrete carit

ché quella voglia a li alberi ci mena che menò Cristo lieto a dire ‘Elì’, quando ne liberò con la sua vena». E io a lui: «Forese, da quel nel qual mutasti mondo a miglior vita, cinqu’ anni non son vòlti infino a qui. Se prima fu la possa in te finita di peccar più, che sovvenisse l’ora del buon dolor ch’a Dio ne rimarita,

D’ogne malizia, ch’odio in cielo acquista, ingiuria è ’l fine, ed ogne fin cotale o con forza o con frode altrui contrista. Ma perché frode è de l’uom proprio male, più spiace a Dio; e però stan di sotto li frodolenti, e più dolor li assale. Di vïolenti il primo cerchio è tutto; ma perché si fa forza a tre persone, in tre gironi è distinto e costrutto.

Or lassa ove t'offesi? ove cotanti Error commisi, che da me lontano Rivolgi il cor , che mi struggo in pianti Te pur pregando, e mi distruggo invano? Forse tra scogli, e turbini sonanti Ti produsse, Ottoman, l'empio Oceano? Ch'a te non cal, che fra i Latin schernita Tragga in dolor la miserabil vita?

Quindici giorni e poi... poi, forse non vederlo mai più! gemeva in cuor suo la signorina Cammilla cogli occhi gonfi e il dolor di capo. Giacomino invece si dava buon tempo. Ancora un paio di settimane e poi... divertirmi e godermela più che a Milano!

Ecco ad un tratto Di tanta gioia estinto il raggio, estinto Al primo assalto del dolor. FRANCESCA DA RIMINI, tragedia.

Veduto avrai siccome io, debol tanto Quando i miei fulgean più dilettosi, Nel supremo dolor contenni il pianto, E mia fiducia nell'Eterno posi. Veduto avrai siccome, fatto io preda Di lunghe dubitanze sciagurate, Solo in carcer la diva afferrai teda, Che mie maggiori tenebre ha sgombrate.

Disse: «A chi soffre e sanguinando crea, Sola splende la gloria. Vol sublime il dolor scioglie all’idea, Per chi strenuo combatte è la vittoriaIo le risposi:

43 Questa mia ingratitudine gli diede tanto martìr, ch'al fin dal dolor vinto, e dopo un lungo domandar mercede, infermo cadde, e ne rimase estinto. Per pena ch'al fallir mio si richiede, or gli occhi ho lacrimosi, e il viso tinto del negro fumo: e così avrò in eterno; che nulla redenzione è ne l'inferno.