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Appena Tina fu alzata, ridivenne più melanconica. Nella casa c'era un po' di tramestìo; le due vecchie si davano da fare per il pranzo, perchè volevano averlo pronto a mezzogiorno. Le porte dei due appartamenti rimanevano aperte. Tina prese il caffè col latte bagnandovi dentro una pagnottella, poi tornò nella camera per ravviarsi i capelli con un mozzicone di pettine. Siccome la mammella le doleva ancora lievemente, si ricordò il sogno della rosa, che quell'uomo giovane le aveva piantato con tutto il gambo dentro il capezzolo facendone uscire goccia a goccia il sangue e la vita. Era ancora così pallida, cogli occhi stanchi, cerchiati dalla stessa ombra turchiniccia. E il sogno la riprendeva. Lentamente si sbottonò il corsetto come per cercare la ferita, mentre le pareva di essere un'altra volta seduta sulla porta di quella chiesa, nella quale la gente entrava a fiotti. Infatti quel giorno era domenica. Così seduta, con la mano sulla mammella, quasi nell'atto di arrestarne il sangue, guardava la propria immagine con un sorriso simile ad un brivido. Qualunque cosa potesse ancora accaderle, ella era gi

La mancanza d'Emilia doleva con nuova forma; Emilia sapeva bene rassicurar la sorella, diffondeva attorno a un'aura di tanta fiducia, che Roberta ne viveva giorno e notte. Ora, Emilia non v'era più. Roberta l'aveva abbandonata, e si trovava sola di fronte ad uno sconosciuto.

L'infelice pensava quanto più bella sarebbe stata la sua Lisa con un simile ornamento, e si doleva seco stesso di non essere in grado di far egli alla sua brava, buona e legittima donna quel regalo che il fastoso principale prodigava al sorriso d'una traviata ed alla capriola d'una ballerina.

Ma allora fu un'altra scena; chi si doleva dell'aria soffocata di quel pianterreno, ermeticamente chiuso; chi si rimetteva a bere, per guadagnarsi la fortuna dei quattro o cinque, lasciati sulla paglia a dormire. I meno vergognosi, poi, imitavano gli scolaretti che non sanno durarla con un'ora di lezione, e chiedevano, per una ragione o per l'altra, di uscire.

Troppo doleva ai due amici il tornarsene senza aver veduto il Generale, onde il Sequi, toltosi dal dito l'anello di Anita, pregò l'ufficiale col quale aveva parlato di portarlo a Garibaldi insieme ad una sua carta da visita.

Un giorno, mentre la regina si doleva fra lacrime e singulti degli strani furori del principe, l'arguto ministro proferì a mezzo labbro tre parole: questione di naso! La regina, come ognun può immaginare, provò una scossa nervosa, e chinò il capo arrossendo. Il gran Canella non s'ingannava. Per accertarsi, non gli rimaneva che tentare una prova sull'animo del re. Egli non pose tempo di mezzo.

Fumo? esclamò ella. O non sa che io faccio cucina a carbone? Che carbone, che cucina? Intendo fumo di tabacco. Anzi, mi pare che ne sappia lei, signora Marianna. Gesummaria! gridò la governante, giungendo le palme. Ma .... ora che ci penso.... Ella ha ragione. Eppure, m'ero così bene risciacquata il viso! Che è avvenuto? Le doleva un dente, ed ha fumato un sigaro?

Così spesso fra si doleva la misera, ma pur temendo un qualche gran male la prendesse, più sapendo patire il dolente suo stato, pensò che assai bene le starebbe ove pigliasse consiglio. Era in Nebiolo un cieco, provetto d'anni e di mente, uomo mirabile a conoscersi.

Giovanni corse a ricoglierlo su, chè l'altro urlando disperatamente non poteva levarsi da solo. Ma quando si trattò di star sulle gambe e di muovere il passo, non ne fu niente: un piede gli doleva di guisa che non poteva nemmanco appoggiarlo per terra. Marone gridava più forte che mai, e Selva non sapeva che cosa farsene.

L'indomani, quando Prospero Anatolio arrivato fresco a Santo Fiore, raccontava in famiglia le vicende della fiera battaglia, si doleva, sospirando, di quella vittoria che lo obbligava a restare sindaco di Borghignano.