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Su, narra, fa presto che ho l'inferno nel cuore. Dove si trova? È vivo?... È morto?... Posso assicurarvi che Abd-el-Kerim è vivo. Elenka scattò in piedi come una pazza. È vivo!... Vivo!... ripetè ella con un'esplosione di gioia che pareva delirio. Sei proprio sicuro?.... L'hai veduto proprio coi tuoi occhi?... Dimmelo, Tepele, dimmelo!

POLISENA. Quel gentiluomo poverello che ce la chiese l'altro giorno? E che val nobiltá senza denari? avete l'esempio in noi. EUFRANONE. Non l'indovinaresti mai. POLISENA. Dimmelo, marito mio, di grazia: non mi far cosí struggere di desiderio. EUFRANONE. Non vo' farti piú penare. Con don Ignazio di Mendozza. POLISENA. Quel nipote del viceré della provincia, che combatté quel giorno con i tori?

Fortunatamente la mamma tornò prima, ma più ammalata; quando venne a riprenderla, Tina non era più che un'ombra. Che cosa hai? chiese commossa: Sei stata male? Le due vecchie guardavano aspettando la risposta. Non ti hanno nemmeno dato da mangiare? dimmelo. La fanciulla tacque ancora. Seduta sul letto, coi capelli mezzo disciolti, Tina pensava.

DON IGNAZIO. O madre, cavami fuor delle porte della morte, dimmelo certamente se è viva; perché ella sará mia, ancorché voglia o non voglia tutto il mondo. POLISENA. Ed ella piú tosto vol esser vostra che sua, e per non esser d'altri volea esser piú tosto della morte. DON IGNAZIO. Donque gli occhi miei vedranno un'altra volta Carizia, e aran pur lieto fine le mie disperate speranze?

Pensò poi che fossero fenomeni nervosi inerenti alla prima fase della gestazione, e per il rispetto che professano gli uomini a questo misterioso travaglio femminile, replicò con dolcezza annoiata: Lo sai bene che ti amo. Dimmelo ancora! Ti amo.

Grazie, o signore. Se tu gemi ancora io squarcerò una rovere e dentro ti chiuderò nel suo nodoso ventre che resterai ben dodici anni a urlare. Perdonami, o signore, ai tuoi comandi obbedirò di buona grazia e tutto farò da buono spirito. Sta bene e fra tre giorni ti libererò. Ecco di nuovo il mio nobil padrone! Che debbo fare? Dimmelo, che debbo fare?

Che cosa te ne faresti? dimmelo subito. Un vestito. Hai necessit

L'articolo. L'articolo! Tu studi di queste cose? Devo insegnarle, non le so. Non sai cos'è: l'articolo? Avanti, dimmelo tu. La, il. Sai che quelle parole sono degli articoli. Ma non mi sapresti dire netto e spedito che cosa sia l'articolo. E ancora questo forse ma l'avverbio, ma l'interiezione! Ah! Vediamo. L'articolo è una paroletta che si può declinare. Declinabile, dice.

Abd-el-Kerim, continuò Elenka con voce affascinante. Non respingermi, non lasciarmi sola al mondo, non tradirmi. Che ti feci mai io per essere trattata così crudelmente? Forse che sono colpevole di averti troppo amata? Non è vero che tu mi ami ancora? Non è vero che il tuo cuore palpita ancora per me? Dimmi di , dimmelo Abd-el-Kerim, oh! dimmelo, fammi ancora una volta felice.

Il dedecore m'ha transverberato il core. Ma ricogliamoci in qualche luogo e dormiamo insino a giorno. LARDONE. Or questo no. PEDANTE. Lasciami dire. LARDONE. Non voglio ascoltare. PEDANTE. Nil melius sobrietate. LARDONE. Nil peius affamatione. PEDANTE. Io non intendo questa tua grammatica. LARDONE. io la tua. PEDANTE. Dimmelo in volgare. LARDONE. Non si trovano parole per dichiararlo.