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Alora Dio etterno, vollendo l'occhio della sua misericordia e non spregiando el suo desiderio, ma acceptando le sue petizioni, volendo satisfare a l'ultima petizione che ella aveva facta sopra la promessa sua, diceva: O dilectissima e carissima figliuola, Io adempirò in quello che m'hai adimandato el desiderio tuo, purché da la tua parte non commecta ignoranzia negligenzia.

E sai che merito, dilectissima figliuola, essi mi rendono di tanto benefizio quanto hanno ricevuto da me? El merito loro è questo: che continuamente mi perseguitano in tanti diversi e scellerati peccati, che la lingua tua non gli potrebbe narrare e a udirlo ci verresti meno. Ma pure alcuna cosa te ne voglio dire, oltre a quel ch'Io t'ho decto, per darti piú materia di pianto e di compassione.

E quale è questo cento, dilectissima figliuola, che, di po' questo, séguita vita etterna? Di quale intese e dixe la mia Veritá? Di substanzia temporale? Di quello che la propria sua volontá, che è una volontá, Io ne gli rendo cento per questa una. Perché ti pongo numero di cento? Perché cento è numero perfecto, e non puoi agiognervi piú, se tu non ti ricominci al primo.

O dilectissima figliuola mia, quanto è gloriosa quella anima che cosí realmente ha saputo trapassare dal mare tempestoso a me, mare pacifico, e impíto el vaso del cuore suo nel mare di me, somma ed etterna Deitá! E però l'occhio, ch'è uno condocto, s'ingegna, come egli ha tracto del cuore, di satisfarli; e cosí versa lagrime.

O dilectissima figliuola, questa pazienzia è reina, posta nella ròcca della fortezza: ella vince e non è mai vinta; essa non è sola, ma è acompagnata con la perseveranzia; ella è il mirollo della caritá; ella è colei che manifesta il vestimento d'essa caritá se egli è vestimento nupziale o no; se egli è rocto d'imperfeczione, ella el manifesta, sentendo subbito el contrario della inpazienzia.

Alora, raguardando la divina bontá con l'occhio della sua misericordia el desiderio e la fame di quella anima, diceva: Dilectissima figliuola mia, Io non so' spregiatore del desiderio, anco so' adempitore de' sancti desidèri. E però Io ti voglio dichiarare e mostrare di quel che tu mi dimandi.

Questa è una repetizione in somma quasi di tucto questo presente libro. Ora t'ho, dilectissima e carissima figliuola, satisfacto al desiderio tuo dal principio in fino a l'ultimo de l'obbedienzia.

Inamòrati, dilectissima figliuola, di questa gloriosa virtú. Vuogli tu essere grata de' benefizi ricevuti da me, Padre etterno? Sia obbediente, però che l'obbedienzia ti mostra se tu se' grata, perché procede dalla caritá. Ella ti mostra se tu non se' ignorante, perché procede dal cognoscimento della mia veritá.

Guarda che tu non esca mai della cella del cognoscimento di te; ma in questa cella conserva e spende il tesoro che Io t'ho dato. Il quale è una doctrina di veritá, fondata in su la viva pietra, Cristo dolce Iesú, vestita di luce che discerne la tenebre. Di questa ti veste, dilectissima e dolcissima figliuola, in veritá.

Costoro dicono col glorioso di Pavolo mio banditore: «El mondo ci maladice, e noi benediciamo; egli ci perseguita, e noi ringraziamo; cacciaci come immondizia e spazzatura del mondo, e noi pazientemente portiamo». che vedi, figliuola dilectissima, e' dolci segni; e singularmente, sopra ogni segno, la virtú della pazienzia, dove l'anima dimostra in veritá d'essere levata da l'amore imperfecto e venuta al perfecto, seguitando el dolce e immaculato Agnello, unigenito mio Figliuolo, el quale, stando in su la croce tenuto da' chiovi de l'amore, non ritrae adietro per decto dei giuderi che dicevano: «Discende della croce e credarenti». per ingratitudine vostra non ritrasse adietro che non perseverasse ne l'obbedienzia, che Io gli avevo posta, con tanta pazienzia che il grido suo non fu udito per alcuna mormorazione.