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Cosí, tra me stessa parlando in còlera, com'è costume di noi altre vecchie, son giunta a casa de madonna Iulia. Tic, toc. Costoro non ci deveno essere. Tic. Ogni volta ch'io vengo qui me fo prima sentir a tutto el vicinato che me respondino. MALFATTO. Chi bussa? che vòi da la porta nostra? RITA. Chi è quello? ove sei tu? MALFATTO. Son qua. Non ci vedi lume? No, no. Da quest'altra banda.

DON IGNAZIO. Vi priego a trattenervi un altro poco, accioché gli occhi mei abbino il desiato frutto di lor desiderio. CARIZIA. I prieghi de' padroni son comandi a' servi; e se ben i rispetti delle donzelle non patiscano tanto, pur per un marito si deveno rompere tutti i rispetti. Eccomi apparecchiata a far quanto mi comandate. DON IGNAZIO. Cara padrona, mi basta l'animo solo.

Quale causa si leva levando la seconda causa principale che produce la penuria, cioè il defetto degli accidenti communi, con introdur in Regno gli artefíci; quali espedienti, per esser possibili e importare quanto si è detto, con ogni sforzo si deveno cercare di arrivare.

Se si dice che si deveno sospendere per alcun tempo, non dico li sei mesi detti dal detto De Santis, ché nulla giovaria, ma molto maggiore, l'uno l'altro permette la legge; e cosí si diria impossibile per legge.

Questa è molto piú bella pazzia che quella che il Molza disse della donna sanese che gli pareva essere una vettina: essendo piú propio delle donne aver poco cervello che de' vecchi che, per mille ragioni, deveno essere savissimi. E non vorrei per cento scudi non poter contar questa pazzia alle veglie, al tempo dei carnovali. Or vengono in qua. Vediamo quel che dicono.

CURZIO. Tu sai che avemo inteso che quel pedante poltrone, ogni notte, gli viene a cantare a l'uscio non so che canzoni. Vorrei che tu gli rompessi el capo in qualche bel modo, che non si accorgessi chi fussi stato, se pur ci viene stanotte. RUFINO. State de bona voglia, che vi prometto di servirve. CURZIO. Va'! Pichia, adunque. RUFINO. Io so certo che costoro ci deveno aspettare. Tic.

RUFINO. Ed ella, gittatasegli ai piedi con un coltello in mano, pregavalo che piú tosto che della assenzia sua della vita privar la volessi. REPETITORE. Buona nova deveno avere costoro. RUFINO. Quivi sopragiunse la serva.

che, considerando le condizioni dell'una e dell'altra cittá, quelle di Napoli tutte sono e deveno essere causa e occasione potente di farla abbondare di denari, come all'incontro quelle di Venezia causa e occasione d'impoverire: nientedimeno l'effetto riesce al contrario, ché Venezia abbonda e Napoli è povera di moneta. Si ha da considerare dunque come vi siano questi contrari effetti.