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In compenso, il Cusani ristampò la piú antica prosa del Berchet della quale abbiamo notizia, cioè la Lettera sul dramma «Demetrio e Polibio«, della quale non è stato possibile a me rintracciare l'edizione originale, fattane a Milano, dal Pirotta, nel 1813.

Demetrio era un caffettiere greco, nella cui bottega gli autori del Caffé hanno finto che avvenissero le loro conversazioni. Di questo signor Cristoforo si veggono piú menzioni nel giornale del Caffé. Sovranamente comica è la di lui disputa in favore degli antichi contro quello fra gli estensori che si firmava «A.».

Qualche dama meno vogliosa di ballare stava a tenerle compagnia, e non mancavano i satelliti del genere maschile, tra i quali ci par degno di una menzione particolare un vecchio mastodonte, il nobile signor Demetrio Salvi o De' Salvi, siccome egli si faceva chiamare.

I. Lettera sul dramma «Demetrio e Polibio», cantato nel teatro Carcano, della quale si parla piú sopra. II. Sul «Cacciatore feroce» e sulla «Eleonora» di Goffredo Augusto Bürger. Fu ristampata dal Cusani nelle citate Opere edite ed inedite. Ristampata dal Cusani. IV. Del criterio ne' discorsi. Nel numero 4 del Conciliatore, 13 settembre 1818. Ristampato dal Cusani.

Deh! padrone, non ti soviene egli essere Lidio da Modon, figliuolo di Demetrio, fratello di Santilla, discipul di Polinico, padrone di Fessenio, innamorato di Fulvia? LIDIO femina. Nota, Fannio, nota. Fulvia mi è ben ne l'animo e nella memoria. FESSENIO. Mi sapeva bene che sol di Fulvia ti ricorderesti. D'altro no, in modo affatturato sei! LIDIO maschio, FESSENIO, LIDIO femina, FANNIO.

Non ho fatto risposta prima d'ora alla tua dimanda intorno al merito dell'opera seria Demetrio e Polibio, perché il giudicio mio in fatto di musica, non potendo io derivarlo, come sai, da conoscenza alcuna dell'arte, sarebbe forse parso intempestivo anche a me medesimo, se per indurmi a proferirlo avessi stimato sufficiente il suffragio delle prime sensazioni del cuor mio.

E se, dai mille anni in poi che tu spandi i torrenti delle tue lagrime sulle arcadiche cetre, ancora te ne rimane una stilla, vieni, o pietosa, nel caffé di Demetrio ad imprestarmela per tante disgrazie. Chi sará mai cosí dotto aritmetico da poter numerare tutti i miei nemici? Chi sa dirmi donde l'odio, gli strapazzi, gli sdegni contro di me, che non gli ho veduti pur mai! Ignoro il mio delitto.

Ma poichè ella m'incoraggia a scrivere anche per gli spiriti modesti, che non possono tuffarsi nella metafisica, mi permetto di offrirle queste quattro Nuove Storie scritte nello stile delle Vecchie e la prego di presentarle in nome mio alla buona signora Mariannina, che lesse tempo fa non mal volontieri la storia del povero Demetrio Pianelli.

Demetrio, cittadin di Modon, ebbe uno figliolo maschio chiamato Lidio e una femmina chiamata Santilla, amendua d'un parto nati, tanto di forma e di presenzia simili che, dove il vestire la differenzia non facea, non era chi l'uno dall'altro cognoscere potessi.