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Rifiuti! Rifiuti! borbottò il cugino Ruggero. Son certi rifiuti, questi, di cui si contenterebbe un principe. Ho piacere che la pensiate così! gridò il signor Francesco prendendo la mano dell'Ercole adolescente e stringendola forte tra le sue. Perchè infine, la parola è di mia figlia, e va intesa con discrezione.

Per tre o quattro giorni si rifece alla memoria degli occhi miei, doloroso e insistente, quello spettacolo. Seppi fra tanto che Bamboccetta, la piccina, se l'era portata via la madre; che per la Gilda, rimasta a Giffuni, s'era fatta una colletta e mi vi dovetti anch'io sottoscrivere per farla partire per Tricarico ov'ella andava a cascare addosso all'impiegato postale; che la roba dell'ercole era stata sparsa un po' qua un po' l

Così un uomo di sembianza sinistra, membruto a modo dell'Ercole Farnese, tenendo nelle braccia il minore dei figliuoli di Giacomo Cènci, verso di questo lo sporgeva supplichevole. Cotesta squisitezza di affetto era facile che si dimostrasse da donna Luisa amante, e madre; ma come fosse caduta nell'animo ad Olimpio, natura tristamente salvatica davvero, non si saprebbe immaginare.

Da quindici giorni, tutte le lettere che pervengono al duca passano per le mie mani; ve ne sono parecchie di anonime: parlano delle vostre passeggiate alla Madonna del Sole, delle vostre.... conversazioni nella selvetta dell'Ercole.... delle vostre colazioni alla Corona Bianca!

La selvetta dell'Ercole, la Madonna del Sole, l'albergo della Corona bianca, a Castellanzo, dove la duchessa e il Laner si recavano spesso a colazione, eccitavano la fantasia di tutti i novellieri rustici e sboccati del paese. E Pietro?... Pietro amava. Era imprudente, pazzo, colpevole: amava. Il passato, come l'avvenire non esistevano per lui: viveva soltanto per il presente.

Vedevo mover daccapo alla volta del letto dell'ercole il professore e i suoi scolari. La rivedrò ancora? E l'ercole mi strinse la mano, aspettando che glie lo promettessi. Certo. Tornerò. Lei è buono... Ha visto che cosa è la vita?... E la mia, signore?... Che calvario!... L'ingratitudine... Bamboccetta... Balbettava ancora parole che io non compresi.

E quei due, nella notte cupa, profonda, ai piedi dell'Ercole biancheggiante come un fantasma, non sapevano più altro, non sentivano più altro che i baci, i loro baci e il loro amore.

Una vipera... Ma lei è arrivata? Ero giunto a casa, difatti, e m'arrestavo davanti al portone. Accesi un moccoletto che portavo addosso per la bisogna e si fece un po' di lume sotto l'arco barocco. E a quella luce indecisa che saliva a stento fino alla testa dell'ercole, mi parve di vedere impallidito il suo volto e diventati minacciosi quei piccoli occhi tondi, fino allora così inespressivi.

Alla selva dell'Ercole! Arrivederci alla Corona Bianca! Va via! Va via! Mantenuto! Lascia fare! Noi, si lavora, noi! Mantenuto! Pietro Laner indietreggia: una parola ancora più turpe, oscena, solleva i fischi, gli urli di tutta quella gentaglia furibonda. Vada via lei!... Vada via! gli bisbigliano le guardie, i carabinieri, o noi non si risponde più di niente.

La naturale emozione che anche mi penetrava mi tenne desto sotto le coltri per un bel po'. Che cosa dunque era accaduto nella baracca dell'ercole? Al mattino lo seppi. La Rosina se ne era scappata via col pagliaccio, e quel Rigo, il gobbetto, le aveva tenuto mano. E l'ercole aveva accoltellato il gobbetto. Cominciò Giffuni a parermi detestabile, a un tratto.