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Il bisogno di parlare a Violet e ch'ella sapesse un giorno quali fossero stati, dopo il nostro incontro, i miei pensieri e il mio cuore, mi fece scrivere in certo quaderno, mio fedele compagno, quel che segue: «Eichstätt, albergo dell'Aquila Nera, 11 maggio 1872.

Ghino abbassò gli sguardi, ed esitando aggiunse: «La gente dice che ritorna l'antica comunione delle cose; l'uomo ha diritto all'esistenza, io ho chiesto un pane, e l'ho tolto a cui me lo ha negato.» «Ma perchè non veniste alla mia Corte? Qual è il Cavaliere, che sotto l'ale dell'Aquila di Manfredi non abbia trovato ricovero contro il flagello della fortuna?

Ecco, rispose il conte un po' imbarazzato, il suo vero nome l'ignoro, vien chiamata da tutti biondina ed abita sul corso di Porta Nuova. Suo padre è il portinaio di quel bel palazzo vicino ai portoni... dopo la bettola all'insegna dell'Aquila. Che! proruppe Marco, ha detto la biondina di Porta Nuova? Oh guardi la combinazione! La conosci forse, rispondi, sai qualche cosa sul di lei conto?

Giunto alla porta di san Biagio, varcò il ponte levatoio gittato sul torrente dell'Aquila, ed entrò sotto l'androne, dov'era scolpito in marmo il carretto, tirato da due leoni aggiogati, con suvvi lo scudo listato a fascie diagonali d'argento in campo rosso. Per la prima volta, guardando quella insegna de' suoi signori, l'occhiata fu torva.

I Conti Roberto, di Rupe Canina, ed altri, riparano in Lombardia. Roberto Principe di Capua, mentre vuol passare il Garigliano, tradito dal Conte Riccardo dell'Aquila, che col secondo tradimento fugge la pena del primo, e consegue la infamia di ambedue, è condotto a Palermo, dove crudelmente abbacinato perde la vita.

Così parlava quel vanerello, che aveva ancora il latte sulle labbra, e s'impancava a far l'uomo. Sotto i tegoli. Lo stesso giorno che quella ibrida conversazione si era tenuta al caffè dell'Aquila, il nostro Nicolino Ariberti andava in cerca di Filippo Bertone.

I Fiorentini la riceverono con la gioia dell'odio che si crede santificato; solo vi aggiunsero un giglietto rosso sopra la testa dell'Aquila, imperciocchè giglio rosso in campo bianco fosse la impresa dei Guelfi di Firenze, come il giglio bianco in campo rosso quella dei Ghibellini.

Un mese dopo questi discorsi e gli altri del caffè dell'Aquila, Torino aveva la sua meraviglia, come Rodi, come Efeso, come Tebe, e come altre citt

L'opera che doveva vivere la chiamò con voce piana, e le ripiegate ali dell'aquila fremettero... Nel crepuscolo oscillante della culla la creatura aprì gli occhi e pianse: ~Ho fame.~

Sposarla! Mais pas le moins du monde, parbleu! Or dunque, venendo alla conclusione, i padrini di questo signor Forniglia mi hanno aspettato iersera sull'uscio di casa mia, dopo il teatro. Ed io ho dovuto prendere appuntamento per quest'oggi, sul mezzodì, al caffè dell'Aquila, dove si sarebbero abboccati coi miei padrini. Se riuscirete a trovarne! disse gravemente il Candioli.