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Le st. 47 e 48 non si leggono nell'Amed. minore. Amed. magg. st. 63 marran; in questo dir sdegno e furore. ......min. Protervo; in questo dir sdegno e furore. Amed. magg. st. ult. L'antica genitrice il si disia. ......min. st. ult. L'antica genitrice il si desia. Il canto III. nell'Amed. magg. ha st. 68: nella min. st. 61. Argomento del Peschiulli al canto III dell'Amedeide minore.

L'argomento del canto VII viene così compendiato dal Poeta: «nel VII l'Angelo porta ad Amedeo armi: egli assale il campo de' turchi e lo mette in ispaventoLa prima stanza del canto VII dell'Amedeide maggiore è la 47 del canto IV della minore, il quale ha termine nella st. 22 del VII della maggiore che comincia: Sbieca le luci ec.

NB. Ambedue l'edizioni di questo poema leggono Amedeida, non Amedeide. Non vi hanno varie lezioni nel canto 1.º. Giudizio dell'Amedeide presentato con data del 14 dicembre 1618 al Duca Carlo Emanuele I. da Onorato d'Urfé, Gentiluomo francese a' servigj della R. Casa di Savoja, Marchese di Valromey, e Cavaliere dell'Ordine supremo della SS. Nunziata. Nel Canto .

Argomento del Peschiulli al canto 2.º dell'Amedeide minore: De l'ombroso Filermo infra gli orrori Spada immortal l'Eroe d'Italia aspetta; Affida il Rodian ne' suoi timori Angelo, e Folco i Duci a l'armi alletta. Va Trasideo da gli amorosi ardori Sospinto a visitar la sua diletta; Et ha ricamo in dono, ove Pelide, Gloria d'ago guerriero, Ettore ancide. Osservazioni critiche del Cav.

Nell'edizione dell'Amedeide maggiore, Genova, Pavoni, 1620, in 4.º dopo il frontespizio si legge il Contenuto del poema, che giudichiamo lavoro del Chiabrera. In esso con poche parole si d

«Argomento del Paschiulli al canto IV dell'Amedeide minore, che in parte corrisponde al V della magg. Dopo chiare prodezze il grande Orsino Cade sui muri, e sale in ciel beato; E Trasideo, quasi a morir vicino, Si rinfranca in veder l'idolo amato. D'arnesi, ove sudò fabbro divino, È per Michel l'Eroe fatale armato, E da procelle accompagnato e lampi Fa di scitica strage orridi i campi.

Onorato d'Urfé al canto 2.º dell'Amedeide maggiore. St. 2. «Cette seconde vision de l'Ange est superflue, parce que par la premiere il pouvoit faire la mesme chose