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Da questo si venne allo adequare i fatti de' forti uomini a quegli degl'iddii: donde nacque il cantare con eccelso verso le battaglie e gli altri notabili fatti degli uomini mescolatamente con quegli degli iddii. Per che si può delle predette cose comprendere uficio essere del poeta alcuna veritá sotto fabulosa fizion nascondere con ornate ed esquisite parole.

Chiamalo il «buon Augusto» l'autore, percioché, quantunque crudel giovane fosse, nella etá matura diventò umano e benigno prencipe e buono per la republica. «Nel tempo degl'iddii falsi e bugiardi». Sono falsi, non veri iddii, «quia dii gentium daemonia»: «bugiardi» gli chiama, percioché il demonio, come e' medesimo in altra parte dice, è padre di menzogna.

Ma, in quanto dicono costei dalla Terra essere generata per dovere i peccati e le disoneste cose degl'iddii raccontare, per alcun'altra cosa non credo esser stato fitto se non per dimostrare le vendette degli uomini men possenti, li quali, non potendo altro fare a' grandi uomini, s'ingegnano, parlando mal di loro, di farli venire in infamia, e per conseguente in disgrazia delle genti.

Le quali cose non si poterono comodamente fare senza l'oficio de' poeti, li quali, per ampliare la loro fama, per compiacere a' prencipi, per dilettare i sudditi, e per persuadere il virtuosamente operare a ciascuno; quello che con aperto parlare saria suto della loro intenzione contrario, con fizioni varie e maestrevoli, male da' grossi oggi non che a quel tempo intese, facevano credere quello che li prencipi volevan che si credesse; servando negli nuovi iddii e negli uomini, gli quali degl'iddii nati fingevano, quello medesimo stile che nel vero Iddio solamente e nel suo lusingarlo avevan gli primi usato.

Da questo si venne allo adequare i fatti de' forti uomini a quegli degl'iddii; donde nacque il cantare con eccelso verso le battaglie e gli altri notabili fatti degli uomini mescolatamente con quegli degl'iddii; il quale e fu ed è oggi, insieme con l'altre cose di sopra dette, uficio ed esercizio di ciascuno poeta.

Fu ne' tempi di Platone, e avanti, e poi perseverò lungamente, ed eziandio in Roma, una spezie di poeti comici, li quali, per acquistare ricchezze e il favore del popolo, componevan lor commedie, nelle quali fingevano certi adultèri e altre disoneste cose, state perpetrate dagli uomini, li quali la stoltizia di quella etá aveva mescolati nel numero degl'iddii; e queste cotal commedie poi recitavano nella scena, cioè in una piccola casetta, la quale era constituita nel mezzo del teatro, stando dintorno alla detta scena tutto il popolo, e gli uomini e le femmine, della cittá ad udire.

Della qual si racconta una cotal favola, che, conciofossecosaché, per desiderio d'ottenere il regno Olimpo, fosse nata guerra tra i Titani, uomini giganti, figliuoli della Terra, e Giove; si divenne in questo, che tutti i figliuoli della Terra, li quali inimicavan Giove, furon dal detto Giove e dagli altri iddii occisi: per lo qual dolore la Terra commossa e disiderosa di vendetta, conciofossecosaché a lei non fossero arme contro a cosí possenti nemici, accioché con quelle forze, le quali essa potesse, alcun male contro agl'iddii facesse, costretto il ventre suo, ne mandò fuori la Fama, raccontatrice delle scellerate operazioni degl'iddii.