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Ben tal può dirsi; ei negli assalti in vano Non scoccò dardo e si colmò d'onore; Ed arco incurva, che maestra mano Non fabbricò tra Sciti unqua il migliore. Soggiunse il grande Eroe: quando in sul piano Spinto l'avrò pien di mortale orrore, Tu quell'arco predar serba in memoria, E fanne eterno testimon di gloria.

Parve ch’ei barcollasse in quel momento: Poi partì, senza un motto, a capo chino, Trascinandosi a stento. Affascinata, io lo seguii col guardo; E allontanarsi il vidi Lungo la via sassosa, a passo tardo. Su la testa il colpìa del Sol di giugno L’arroventato dardo.

Più non disse egli; e l'uno e l'altro corno Piega de l'arco, e fa volarne il dardo, Che fende l'aria, e sibilando intorno Al gran nemico se ne vien non tardo; Fora di bei tesor lo scudo adorno, Ma de l'arcier non ubbidisce al guardo, Che ne l'odiata gola il tenne fiso, Vedere amando l'avversario anciso.

Santa è nelle mani di Giuditta la spada che troncò la vita ad Oloferne; santo il pugnale che Armodio incoronava di rose; santo il pugnale di Bruto; santo lo stile del siciliano che iniziò i vespri; santo il dardo di Tell.

Sia donque benedetto, il primo sguardo Che fu cagion de farmeti sugetto Sia benedetto il fuoco, nel qual ardo: E il colpo che per te, porto nel petto Sia benedetto il velenoso dardo: Che a dolce morte spesso m'ha constretto Sian benedetti i lacci e le cathene Che mi tengono avolto in dolci pene: Mai non sia del lodar mia lingua stancha Tua divina belt

Perchè una tomba prodigio di marmi peregrini e dell'arte copre le ceneri di tale, che non si conosce essere stato vivo, tranne pel monumento della sua morte? Perchè forme celesti, dilicati contorni, leggerezza di leggiadrissimo corpo, vestono l'anima della femmina? Perchè ci dierono un cuore che balza a quelle sembianze, una fibra che si raccapriccia a questo bellissimo spettacolo della creazione? Nessuno animale ha potuto contribuire a formare il corpo della femmina. I colori dell'uccello di paradiso, della farfalla di Casimira, non possono paragonarsi ai divini che imporporano le guancie della bellezza. La gazzella non ha l'occhio della donna: le pietre preziose non brillano di quella luce; e i poeti, per assomigliarli a qualche cosa di convenevole, hanno dovuto ricorrere al firmamento. Ma nessun rettile, quantunque schifoso, fu eccettuato dal somministrare parte nella composizione dell'anima che agita i moti delle sue membra; nessuno, meno lo scorpione, che circondato dal fuoco volge in stesso il dardo velenoso, e generosamente si uccide. Tu sei bella, o creatura, ma la tua bellezza porta una impronta tenebrosa; tu nasci figlia di un sublime pensiero, ma come Lucifero decadesti; i tuoi raggi come quelli del sole che tramonta feriscono, non consolano la vista; la tua bellezza è il nostro tormento. Ma andiamo affannosi in traccia di quella innocenza che Eva lasciava nell'Eden, e questo è il più fiero travaglio del cuor nostro. Ma il tuo cuore ugualmente fu condannato a spezzarsi per la nostra incostanza. Forse tu dovresti essere maladetta, perchè la prima a peccare; ma il serpente abita nelle tue fibre dilicate: la curiosit

FR. Voglio che tu sappi, che egli usava di procurare ogni sorte di commerzio, non solo quello del letto, quasi reti per pigliare gli uomini. E per cominciare dalla guerra Troiana, che pensi tu che volesse significare quel dragone domestico lungo sette gomiti, che beveva con Aiace Locrense, che gli andava innanzi per via, e stavagli attorno come un cane? che credi denotasseno le penne di Dedalo? che cosa le ali del cavallo pegaseo? e le altre cose mostruose annoverate dalle favole? Per che cagione va Pittagora e torna tosto d'Italia nell'isola di Cicilia? perchè fece Empedocle il viaggio aereo a guisa d'uccello? per che conto usò Abari il dardo d'Apolline di velocit

Spegni tu l'empio, o Micalogle, e scorno Fa poi col ferro a quei suoi membri spenti; Se fai col duro teschio a lor ritorno, Stella sarai fra le paterne genti. gonfio d'ira ei fea volare intorno Per sua vendetta gli animosi accenti; Micalogle ad ascoltarlo è tardo, Che tende l'arco e fa volarne il dardo.

Cellini, erami assai duro ed ingrato il tempo, quando in cieca ira venìa a 'l grand'assedio de la vita mia Amore con suo dardo avvelenato. Ben ora a più gioconda signoría una donna il mio senso ha costumato, risuscitando ne 'l mio cor placato uno spirto amoroso che dormía. Con che mitezza accenna la sua faccia, tra 'l diffuso fiorir de' ricci biondi, in un colore angelico di perla!

Sorge a la Diva accanto Disdegnoso uno Spirto, a cui nell'ira Divien foco il pensier, fulmine il canto. Superba aquila al nembo Fida il volo, e combatte; e allor che mira L'etereo Sol, che d'amoroso dardo Punge e ravviva al vasto essere il grembo, Per l'aere ardente e pura Spaziar gode secura, E nel fuoco del cielo appunta il guardo.