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Allora Dardagan, sparso la faccia Di novo gaudio, e sfavillando i guardi, Non può frenarsi, ed a l'Ispan minaccia, E gli assalti al suo cor sembrano tardi; Innalza l'arco, e grida: in van procaccia Schermo contra il ferir di questi dardi; Del più forte ed acuto il cor gli piago: Non temer, donna, il tuo desire è pago.

Quivi da l'armi e da lo stuol più folto Fuggia Seleuco scolorito in faccia Verso le mura; e pur sul piè disciolto Fier Dardagan ne la vil fuga il caccia, E da se per la via lunge non molto Vede un guerrier, ch'impallidito agghiaccia Versando sangue, ed irrigando il piano, Dal braccio, onde recisa era la mano.

Siede in sul suolo, et ad un tronco annoso Di salvatica quercia appoggia il fianco, E mal reggeva, a rimirar pomposo Per grande ala di cigno il cimier bianco; Or visto Dardagan, nel cor doglioso Gli spirti aduna, che venian gi

Racconta a Dardagan Panta ferita, Che per Alfange vendicar ne muore. Egli della donzella a se gradita Sente novella; dove il guida amore Corre a cercarla, e quella trova in vita. A lui promette Berenice il core, Se dona morte al sommo Duce Ispano; Ed egli tosto il fa cadere al piano.

Panta mi rivelò l'atto d'amore Per cui venisti ignota in queste arene; Io mi son Dardagan; pensa l'ardore Che forte m'avvampa entro le vene; E di chi muor per te prendi mercede, E confidati omai ne la mia fede. Ahi lasso me, fra tante spade e tante, Perchè nel cor non mi passò ferita? O d'AMEDEO non traboccando avante Sotto la fiera man perdei la vita?

Poi ch'oggi senza Panta il Ciel mi serba, Dic'ella, in vita lagrimosa e dura, Scorgimi tu dove ferita acerba Sparse i begli occhi suoi di nebbia oscura; Il nobil corpo, che si sta su l'erba, Chiama da la mia fe' sua sepoltura; da quest'alma afflitta ella s'oblia. Ratto ascoltando Dardagan s'invia.

Lunge sul pian da lo spallon reciso, Come da fonte, il sangue atro discende; Crollasi Alfange, e vien di neve in viso, Al fin spossato in sul terren si stende. Dardagan, che lo sguardo in lui tien fiso, Di sdegno il petto e di pietate accende, E corre a lui, ne' cui sembianti mira Che l'alma giovinetta ancor non spira.

Dardagan tace alquanto, indi non cessa Di seguir gli ardentissimi desiri, E raccogliendo i suoi pensier, dislega Alfin la lingua, e lusinga e prega: XXXIV