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Gran birichina, quella Galatea di Dameta! ma anche piena d'ingegno e di grazia nel suo discorso. Infatti il daino continua: "Oh dolci parolette "Che tante volte Galatea mi ha dette! "Vorrei che un saggio il vento "Ne portasse agii dei del firmamento." , questa è la Galatea che mi piace. Ma la mia non potrebbe esser quella di Teocrito? Amata pazzamente da Polifemo, è invaghita del giovane Aci.

Ma oggi la signorina Anastasia Mikailovna, con la racchetta da tennis in mano, si era invece rifugiata nel più intimo salottino dell’albergo e stava con molta lassitudine appoggiata contro una scrivania; le sue trecce scure brillavano sopra un golf color viola del pensiero, e, forse per pudore, forse per indecisione, guardava con occhi bassi le sue belle scarpette di daino molto fino.

«Quindi riprese il suo laccio, e dopo aver camminato per qualche tempo, arrivò presso un altro albero dove sospese di nuovo il laccio; e partì in cerca di selvaggina. «Egli fu ancora fortunato, tornò con un daino e trovò che una capanna si era innalzata accanto all'albero. Guardò dentro e vide una magnifica ragazza che stava seduta in un angolo col suo laccio allato.

Mia s'inquieta, sbuffa, accenna ad impennarsi, ma il suo cavaliere le stringe i fianchi come in una morsa di acciaio, mentre colla mano guantata in pelle di daino, accarezza il collo della cavalla, battendo leggermente sulla criniera. Mia si rassegna ed aspetta, ma colle orecchie tese, coi garretti frementi.

La cervia, sbalordita dal rumore cui la caccia spandeva lontano, si ritirava nei suoi folti appartati. Il caprioletto saltellava intorno ai cavalli. Il daino bramiva. La caccia del giorno era ai lepri, ai conigli, agli uccelli, di cui si compiè un'abbattagione.

«Tornando alla sera nello stesso sito, fu lietamente sorpreso di trovare, al posto dove aveva lasciato il laccio, una piccola capanna graziosissima nella quale era assisa una bella giovanetta ai cui piedi stava il suo laccio da cacciatore. «Quel giorno Jena portava, fortunatamente, un daino che gettò davanti alla porta della capanna.

«Subito, senza dare neppure il benvenuto al cacciatore, la giovane accorse per vedere se il daino ucciso era grasso, e nella sua fretta fece un passo falso e cadde sul limitare della capanna. «Jena la guardò con disgusto e pensò: « Io credevo di essere felice, ma vedo che mi sono ingannato. Tienti pure il daino, o donna ingorda: te lo regalo!

Otto giorni dopo, sul far della sera, attorno alla casipola del Daino pascolava ancora una mandria di pecore; il pecoraio, seduto sur un sasso, e col bastone tra le gambe, provava con lo zufolo una polca che aveva sentito sonare, nell'ultima festa, alla banda del suo paese. E chi sa quanto ancora sarebbe restato , curvo, con gli occhi intenti, dimentico dell'ora e di stesso, se un ragazzetto non fosse venuto, a nome del Ciulla, ad avvertirlo ch'era gi

Mi costò poco il farlo, ed egli ne fu oltremodo lieto. Gli abbiamo messo nome noi un bel nome, non è vero? Veloce! e gli adatta a meraviglia, perchè è lesto come un daino. E siccome io mi stava zitto, egli insistè collo sguardo. Non vi pare che ciò potrebbe dipendere anche un pochino da chi lo tira?

«Appena egli entrò, essa si alzò con aria gentile, gli diede il benvenuto, e senza perdere tempo si mise a scuoiare il daino come si deve, e ne sospese la carne per affumicarla. Quindi ne apparecchiò un pezzo per il cacciatore che avea molta fame. Allora il nostro giovane disse fra : « Adesso finalmente ho trovato la vera felicit