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.... Sorreggimi, Occhiglauca!... Ho la vertigine. Or mi trasmuto, come Dafne, in tronco. Lo spirto, in forma umana avvinto e monco, torna, d’un balzo, alla silvestre origine!... Boccadifiori, baciami!... Parole divine odo, calor di linfe suggo. E dalla vita e dalla morte fuggo, per annientarmi nel fulgor del sole.

Restò converso al mondo il corpo in sasso e l'anima qua giù venne a patire, poi che veder per lei l'afflitto e lasso suo amante appeso poté sofferire. Qui presso è Dafne, ch'or s'avvede quanto errasse a fare Apollo correr tanto. 13 Lungo saria se gl'infelici spirti de le femine ingrate, che qui stanno, volesse ad uno ad uno riferirti; che tanti son, ch'in infinito vanno.

La sera grandi fuochi, chè si pretende abbondino i leoni, che hanno però il buon senso di non farci neppur sentire il loro ruggito. Mercoledì 19. Alle sette e mezzo in cammino: sempre lo stesso carattere, acace in pieno fiore ed un altro arbusto dal fiore odoroso che tiene della dafne e del gelsomino.

Sono alcuni li quali credono, percioché Dafne, amata da Febo e in lauro convertita, fu da lui eletta a coronare le sue vittorie, e i poeti sono a lui consacrati, quindi tale coronazione avere origine avuta: la quale opinione non mi spiace, niego cosí poter essere stato; ma tuttavia mi muove altra ragione.

«Nel decimo mese cade la festa del vostro patrio Iddio, e c’è l’usanza di accorrere a Dafne. Io pure ci andai, movendo dal tempio di Giove Casio, nella persuasione di godervi lo spettacolo della vostra ricchezza e della vostra munificenza. E gi

Pare che lo scopo, voluto da Gallo, fosse stato raggiunto. La presenza delle reliquie del martire, chiamando nei boschetti profumati di Dafne le turbe devote dei Cristiani, allontanava gli amanti, e spargeva un’aria di tristezza in cui spariva il sorriso del raggio apollineo.

Le carni si piegavano in anella rosee ai polsi, ai malleoli, alla nuca; e i piedi terminavano in quelle vaghe arborescenze di cui li antichi artefici ornarono le statue di Dafne cangiata in lauro. Li arbusti aromatici facevano in torno al nato una musica d’orezzo, soave come il murmure delle prime api nella stagione del miele. Il pescatore, attonito, ristette.

A tutti questi cespugli aggiungesi poi il rododendro, che nelle boscaglie a sud del Lago della Ruina vedesi in esemplari molto cospicui, con foglie abbastanza lunghe; più raramente il Ginepro nano e la Dafne alpina. Il V. uliginosum, più piccolo, non si trova quasi sotto a 1800 m. Il V. vitis idæa, dal fogliame sempre verde, sembra sia limitato qui alle alte vallate della Stura e della Tinea.

²⁹⁴ Liban., 202, 10 sg. Durante il soggiorno di Giuliano in Antiochia avvenne un fatto che lo ha singolarmente irritato. Non v’era cosa che fosse più ripugnante a Giuliano del culto che i Cristiani rendevano ai sepolcri dei loro martiri, dei loro uomini illustri. Questa adorazione dei morti, com’egli la chiamava, offendeva il suo senso estetico di antico greco, gli pareva assurda, e probabilmente gli era odiosa come uno dei mezzi più efficaci per esaltare gli animi in un’aspirazione devota. Quando viene a toccare di questo culto dei morti, egli ha sempre qualche parola di disprezzo o di sarcasmo, e, più ancora, che la distruzione delle chiese, egli desiderava la scomparsa o l’abbandono di quelle tombe che erano diventate luoghi sacri. Tale era appunto la tomba del martire Babila che si trovava nel sobborgo di Dafne, presso Antiochia. Quel sobborgo era un luogo di delizie per la bellezza delle piante e dei fiori, per la vista e la giocondit