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Assalgono per via la scorta del feretro portato a Germania; e in men d'un mese, addí 15 febbraio, s'adunano a Pavia, e gridan lor re un italiano; uno di nuovo de' potenti marchesi, Arduino d'Ivrea, di quella famiglia degli Arduini di Torino, la quale, venuta al tempo de' re francesi, e cresciuta sotto essi e gli Ottoni, teneva ora tutti i comitati a manca del Po da Vercelli a Saluzzo.

Finalmente, nel 940, volendo Ugo spogliar conti e marchesi e fra gli altri Berengario d'Ivrea, questi avvisatone, fugge a Ottone sassone re di Germania; il quale qui s'introduce nella storia nostra con una bella risposta fatta a re Ugo che offriva gran danaro per riavere il rifuggito: «poter far senza i danari altrui, ma non ricusar protezione a chi gliela domandava». Quindi a temerne Ugo.

Disgraziatamente, iniziate da poco le opere, il fallimento della Cassa di Risparmio d'Ivrea e sua succursale di Aosta, presso la quale i fondi erano stati depositati, ne inghiottì gran parte, rendendo impossibile l'attuazione del progetto, se Egli, per dar nuova spinta alla sottoscrizione, non avesse versate alla Sede del Club altre lire 500.

Ecco sen vien Arduino d'Ivrea Dentro il cappuccio del suo mesto sajo, Ma le vive speranze ond'egli ardea Mandan dagli occhi bagliori d'acciajo. Passano cento, ne seguono cento, Dai campi sorgono e dalle citt